L’innocente di Louis Garrel: imparare a vivere attraverso la finzione

Abel (Louis Garrel) va nel panico quando viene a sapere che sua madre Sylvie (Anouk Grinberg) sta per sposarsi con Michel (Roschdy Zem), un carcerato conosciuto nel corso di teatro che la donna tiene e che sta per uscire di galera. Con l’aiuto di Clémence (Noémie Merlant), la sua migliore amica, inizia a pedinare l’uomo, salvo poi trovarsi coinvolto in un’impresa destinata a cambiargli la vita scuotendolo dal suo torpore.

Proprio come l’axelotl, affascinante creatura anfibia che può trascorrere la sua intera esistenza allo stato larvale senza mai diventare adulto – cosa che gli permette di vivere più a lungo – anche Abel ha deciso di prolungare all’infinito la sua condizione di giovane vedovo che non vuole superare il trauma della perdita. Ma, come spiega Abel a bambini e adulti in visita nell’acquario in cui lavora, questa piccola salamandra è anche in grado di rigenerare i propri organi danneggiati o distrutti ed è quello che riuscirà a fare anche lui.

 

 

Garrel ritrova il suo alter ego Abel, presente già nei tre precedenti film da lui diretti (Due amici, 2015, L’uomo fedele, 2018, e La crociata, 2021): la vittima sacrificale per antonomasia ha qui diritto a un cognome e acquisisce la franchezza, la sicurezza che gli permette di affrontare gli eventi e di ritrovare se stesso facendo i conti con le proprie emozioni profonde. Per compiere il suo percorso deve ricorrere alla finzione: solo mettendosi in scena riesce a esprimere i suoi sentimenti. Espediente narrativo estremamente interessante e ben congegnato che richiama la scena iniziale in cui Michel si racconta – ma è la scena di uno spettacolo – finendo così per chiudere idealmente un cerchio che gli permette anche di rispecchiarsi nell’uomo che all’inizio perturba il suo già fragile equilibrio.

 

 

Cambiando città, il regista – anche sceneggiatore con lo scrittore Tanguy Viel (pubblicato in Italia da Neri Pozza) e con la regista e sceneggiatrice Naïla Guiget, trova un ambiente più congeniale: lascia Parigi e opta per Lione («per allargare il campo e spezzare la mia immagine di parigino», ha dichiarato in un’intervista), con i suoi edifici rinascimentali nel centro e le moderne zone periferiche, con la sua borghesia meno altezzosa (è lui a far notare alla madre che Michel è «solo un operaio»). Con L’innocente, realizza una riuscita e originale tragicommedia nel solco della tradizione poliziesca francese e della commedia italiana (in particolare I soliti ignoti di Mario Monicelli) incentrata sul rapporto madre-figlio, ispirandosi alla propria storia («Non è un film autobiografico ma è molto personale» e infatti il film è dedicato alla madre, l’attrice Brigitte Sy che nel corso di uno dei numerosi laboratori teatrali condotti in carcere si innamorò e sposò un detenuto, storia da lei raccontata in Les mains libres del 2010). «Il mio personaggio nel film – ha detto Garrel – mi assomiglia, è un clown bianco, ansioso, pessimista, che anticipa sempre scenari catastrofici: mi sono preoccupato molto per mia madre, e anche se nel film è esacerbato, mi piaceva l’idea di mostrare un figlio che si comporta un po’ come il padre di sua madre perché lei è di carattere opposto, molto solare, con una gioia di vivere infantile». L’autobiografia come punto di partenza per andare oltre e realizzare, grazie a ottimi interpreti e a una costruzione perfetta, un gioiello che costituisce un nuovo importante tassello nel suo percorso cinematografico.