Locarno 70: Madame Hyde, Hupper/Géquil secondo Bozon

La fisica delle relazioni, non tanto l’istinto e la ragione quanto l’identità e il ruolo: in Madame Hyde (in Concorso a Locarno 70) Serge Bozon spiazza le classiche coordinate morali stevensoniane, sposta l’attenzione dalla duplicità Bene/Male che appartiene all’uomo, alla sua funzione sociale, al dialogo interiore tra ciò che ci caratterizza per natura e ciò che viene imposto dal mondo esterno. Lo scenario è offerto da una classica banlieue parigina e da una scuola professionale che sta nel cuore del quartiere: un luogo di compressione delle tensioni esistenziali e sociali nel corpo della gioventù, costretto tra i banchi dell’apprendimento. Di fronte a loro una cattedra dietro la quale siede, insicura, impacciata e poco carismatica, la determinata professoressa di fisica, Madame Géquil, ovvero una Isabelle Huppert che aderisce con la solita forza alla commedia grottesca allestita da Bozon sul suo duplice corpo: da una parte l’insegnante umiliata in classe dai suoi allievi, dall’altra il suo doppio, Madame Hyde, figura fiammeggiante scaturita da un incidente di laboratorio, quando la timida prof è stata investita da una scarica elettrica.

Bozon traduce il gotico stevensoniano in una commedia grottesca, in cui le figure in campo destreggiano la funzionalità dei loro ruoli con smaccata ironia: Romain Duris è il vanitoso giovane preside/manager che vorrebbe tenere tutto sotto controllo, ma gli innesti relazionali sullo sfondo della banlieue sono sempre difficili: bisogna avere la dolcezza visionaria di Madame Géquil per insistere, come una Giovanna d’Arco senza armatura, ad ascoltare le voci di una missione formativa che si scontra contro la sostanziale assenza dei suoi allievi a quel mondo cui pure sono fatalmente destinati. La fragilità di uno di loro, il paraplegico Malik, diventa la porta d’accesso per una relazione che la professoressa di fisica basa sulla capacità di osservazione, sulla riflessione e sulla soluzione del problema. Ma intanto Madame Hyde ha preso possesso delle sue notti e, in quella stessa banlieue, si muove fiammeggiante di un potere che non accetta compromessi e arriva a far male. Il film elabora insomma il rapporto tra fantastico e realistico in chiave grottesca, enfatizzando le pulsioni caratteriali e smussando le conseguenze delle azioni. Ciò che conta è per Bozon il sentimento di uno spazio esistenziale in cui le relazioni sono in bilico tra le modalità imposte dai ruoli sociali e la natura dell’individuo, la sua istintiva propensione al contatto. Madame Géquil costruisce in classe una gabbia di Faraday in cui isolare un corpo dai campi di influenza esterni, ma allo stesso tempo è portatrice, con il suo doppio Madame Hyde, di un’energia che invece tende a influenzare e bruciare i corpi e gli spazi. L’ordine sociale (ognuno al suo posto) sarà ristabilito, ma occhio, ché i titoli di coda scorrono sul “fuori scena” del fuoco che brucia l’ingresso dell’istituto in cui questa commedia delle parti ha avuto luogo…