Monsters Taranto – Delirio e disgusto: All Jacked Up and Full of Worms, di Alex Phillips

Benny ha un sogno: vuole infondere la vita in un sex toy, una bambola a forma di neonato con la bocca larga. Vuole trasformarlo in un bambino vero, il suo futuro figlio. Benny s’intrattiene con una prostituta, Henrietta, che vorrebbe farsi con lui assumendo vermi dai forti effetti allucinogeni. Sulle prime lui rifiuta, poi torna da lei e trova Roscoe, l’uomo delle pulizie che sta sistemando la stanza di Henrietta, che nel frattempo se n’è andata. Roscoe ha problemi con la sua compagna, la coppia ha accettato una terza persona in casa e ora l’uomo pratica strani riti esoterici oltre ad andare a letto con la donna. Benny e Roscoe si fanno di vermi insieme precipitando in una spirale senza senso di situazioni deliranti e violente, punteggiate di personaggi ben oltre il limite del disagio, un cavalcata materica in cui in vermi, onnipresenti, assumono un significato dalle sfumature mistiche. All Jacked Up and Full of Worms, di Alex Phillips, è un film che per molti versi ricorda le produzioni Troma pur senza cercarne, perché la mancanza è voluta, quell’umorismo estremamente demenziale da cartone animato. L’estetica non è dissimile, anzi, ma l’opera di Phillips esplora le possibilità del disturbante con un prodotto all’apparenza divertente ma, in definitiva, molto meno ridanciano rispetto ai film di Kaufman e soci pur mantenendone quella caoticità che, in ben più di un passaggio, dà l’impressione che la sceneggiatura giri un po’ a caso.

 

 

Ed è forse questa la maggior debolezza di un film che dura solamente un’ora e dieci in quanto se fosse stato più lungo davvero questa sensazione di perdita della bussola narrativa si sarebbe sentita eccessivamente. Sul piano visuale a dettare il passo è un’estetica del disgusto profondamente materica, fatta di vermi, fluidi corporei e momenti body horror che richiamano il lavoro di Cronenberg seppur meno raffinato concettualmente e molto più povero a livello di budget, finalizzato più a suscitare reazioni di repulsione fisica che non a destabilizzare con lo scopo di lanciare messaggi profondi come l’autore di Videodrome. Per quanto delle scelte precise in tal senso non manchino. I personaggi sono una collezione disarmante di dropout per cui è difficile simpatizzare ma al tempo stesso impossibile non provare una certa pena, disagiati totali che si muovono in una sorta di deserto urbano fatto di parcheggi, motel e strade buie, il teatro ideale per quella che è la messa in scena di un trip allucinogeno con i suoi alti e, soprattutto, con i suoi bassi fatti di tristezza, disperazione e paranoia. L’aspetto più spiazzante di calderone ribollente come All Jacked Up and Full of Worms rimane il significato profondo dei vermi che colpisce come un fulmine al centro dell’illogicità quasi ribaltando la prospettiva dell’intero film. La terra raccoglie i peccati dell’uomo, i vermi si nutrono di terra poi l’uomo li assume, morendo e tornando terra a sua volta. Tutto in una battuta di dialogo che spariglia completamente le carte svelando l’impianto simbolico di quello che, in definitiva, è un film sul bisogno profondo che ognuno ha di dare un senso alla propria vita, di trovare coordinate che ci aiutino a orientarci nel ciclo continuo di morte e rinascita che sottende a ogni cosa. Un colpo di coda rapido, non semplice da tenere nella giusta considerazione, un blink and you miss it che sovverte completamente la valenza di un’intera opera.