Mostrare l’introvabile vero nell’ambiguo reale in Madame di Stéphane Riethauser

Sembrano casuali e frutto di pure coincidenze le suggestioni che con concatenazione imprevista, ma forse segretamente programmata, ci portano a incrociare, pur nella diversità e nella loro differente natura narrativa, opere nelle quali i temi e le domande, che rispettivamente pongono, coincidono tra di loro. Storie in cui i ragionamenti e le conclusioni sembrano condurci verso un’unica direzione, dentro scenari nei quali si muovono personaggi, di fantasia o meno, per i quali però si fa prioritaria l’affermazione della propria identità, necessaria l’affermazione di sé stessi contro ogni apparenza. Tre storie differenti tra loro, ma di quelle differenze destinate a congiungere e includere, piuttosto che disgiungere ed escludere, hanno saputo affrontare il tema dell’identità sotto tre profili e con registri narrativi differenti. Whe are who we are la serie TV di Luca Guadagnino nella quale con occhio spogliato da ogni esigenza strettamente spettacolare il regista palermitano ha concepito un centrato saggio sull’educazione sentimentale, ambientando i frammenti del suo racconto su uno sfondo di contraddizioni tra regole e loro violazione e rendendo percepibile con l’assunto antinarrativo la progressiva ridefinizione delle identità dei suoi protagonisti. Con toni differenti e con intenti più descrittivi, Maria Schrader, fondandosi sul lavoro di Anna Winger e Alexa Karolinski sull’autobiografia di Deborah Feldman, in Unorthodox, miniserie in quattro episodi, ha raccontato il rifiuto di una identità religiosa imposta e sgradita della protagonista culminata con la fuga scandalosa dall’asfissiante quartiere ebraico di Williamsburg a New York. Una ricerca faticosa e dolorosa nel rispetto della propria identità come primo passo liberatorio da ogni soffocante legame con la propria origine e da ogni appartenenza religiosa.

 

 

Stéphane Riethauser, giovane esordiente svizzero, figlio di buona famiglia cresciuto tra scuole svizzere e college americani, con il suo Madame – che in giro per il mondo ha collezionato un bel po’ di riconoscimenti e visibile su MyFrenchCinema – ha costruito una elegante e ironica autobiografia per immagini. Madame è un film che nasce per raccontare il rapporto che l’autore ha con sua nonna, donna controcorrente e lontana da ogni convenzione, sposata più volte e mai economicamente dipendente dai mariti. Ma lentamente il film sembra a tratti abbandonare questa idea iniziale e come una barca che circumnavighi un’isola, lambirla e allontanarsi, guadagnando il mare aperto.  La voglia di raccontare se stesso e la sua ricerca di identità sessuale sopravanza ogni altra intenzione e tra autoironia e sguardi sul se stesso acerbo e incerto, tra apparenze e menzogne, Stéphane troverà il coraggio di affermare la propria omosessualità. Madame è un film costruito, a sua volta, su pezzi di filmini amatoriali girati dal padre da sempre aspirante regista e, più tardi, tra amici, fotografie e registrazioni che ricostruiscono il percorso del giovane e attivo Stéphane. Un film che, con sottile e mai pedante ironia, un narrato che sa trovare le differenti tonalità perfino nella intonazione della voce per restituire il senso dello sguardo, sa raccontare, al contempo, sia l’affettuoso rapporto con l’affezionatissima nonna, ma soprattutto l’accidentato e per nulla semplice proprio percorso interiore che, da destrorso eterosessuale incerto, lo ha portato, finalmente, ad un coming out liberatorio che gli ha aperto le porte ad una esistenza fatta di scelte consapevoli, liberandolo da ogni tradizione sociale e familiare che, sebbene moderatamente oppressiva, ha pesato in modo determinante sulla sua vita fino alla prima gioventù. Madame diventa un altro film sulla affermazione identitaria, dimostrando come questo sia il primo strumento per la rivoluzione di ogni sguardo sul mondo. Stéphane imparerà – e lo racconta con allegra sfacciataggine – a guardare e a giudicare diversamente le cose del mondo e da oppositore di ogni trasgressione diventerà paladino della trasgressione. Laddove Guadagnino utilizza lo sguardo terzo e Maria Schrader un registro narrativo più classico, Riethauser si mette direttamente in gioco trasformando e offrendo del cinema quella forma ludica e giocosa che aleggia vivace su tutto il film. Riethauser in questo specchiarsi nel suo recente passato, giudica convintamente la propria vita, senza moralismi al contrario e senza timori o finzioni. Un’operazione sincera e divertente, una verità che costituisce forma opposta alla lunga finzione quando davvero metteva in scena la propria vita. Un tragitto che sa di entusiasmo del vivere, di mutazione e di benefica ristrutturazione esistenziale, diventando il racconto della faticosa elaborazione di una segreta infelicità. Un film lineare dentro il quale, ancora una volta, le immagini sanno cogliere verità assolute assolvendo all’originario compito di mostrare l’introvabile vero nell’ambiguo reale. Il cinema, a sua volta e di nuovo, dimostra le sue potenzialità, la sua alchimia nel catturare la verità, diventando anche strumento indispensabile e liberatorio.

 

 

 

Madame è visibile su Mubi e fino al 15 febbraio sul sito https://www.myfrenchfilmfestival.com/en/