Nessuna sorpresa e nessuna originalità in Lo schiaccianoci e il flauto magico, di Vikor Glukhusin

Ci vuole davvero molto oggi per stupire e non sempre la semplicità è sufficiente per colpire nel segno. È il destino di Lo schiaccianoci e il flauto magico che pure dalle sue ascendenze, trattandosi di una produzione russo-ungherese, avrebbe potuto aspirare ad una migliore sorte e ad un migliore risultato. Il racconto, ispirato alla famosa fiaba di Alexander Dumas, è conosciuta. Lo schiaccianoci, regalato alla piccola Marie per Natale dal pessimo usuraio Ratter che la vorrebbe in sposa per cancellare i debiti che la famiglia della bambina ha contratto con il losco individuo, accompagnerà la piccola protagonista durante tutta la notte in un viaggio fantastico. Insieme sconfiggeranno l’esercito dei topi che si è impadronito del castello di George, che da principe è stato trasformato dai malvagi topi in uno schiaccianoci. Il vero problema del film di Glukhusin non è dunque la reiterazione di una storia che qui trova una sua onesta declinazione, ma, piuttosto una mancanza di invenzione dentro un canovaccio già conosciuto. Purtroppo la sua mano non ci offre, e forse non offrirà neppure ai più piccoli fruitori del film, alcuna scossa, alcuna sorpresa e se i personaggi di contorno, il montone Ricciolo e il pauroso/coraggioso struzzo Becco Rosso non ce la fanno a supplire a questa carenza, poiché anche di queste figure secondarie così decisive per la riuscita del film in altre occasioni, qui, invece, faticano a farsi ricordare in una successione di battute già intuibili fin dall’inquadratura che le precede.

 

 
Per cui si arriva alla fine in un’atmosfera di consolidata sicurezza adagiandosi il racconto su una successione di eventi dai quali altro, purtroppo, è inutile attendersi, se non l’evento stesso già intuito. Su un piano più strettamente visivo il film – ennesima rivisitazione del racconto – purtroppo soffre di vari ed evidenti carenze a partire da un’animazione non particolarmente accattivante, che non sa trovare alcuno spunto di originalità e si mostra sullo schermo in quella, piuttosto, piatta semplicità che non stupisce e non racconta altro se non la trama e il suo atteso lieto fine. È così che Lo schiaccianoci e il flauto magico finisce con il tradire, purtroppo, una tradizione come quella dell’est europeo ricca di cose preziose nel mondo dell’animazione, con una variegata scuola che aveva saputo guardare al genere con lungo e cortometraggi che brillavano per l’originalità del disegno e per la fantasia dell’invenzione. Il film di Glukhusin, invece, adagiandosi su un disegno di matrice occidentale e piuttosto convenzionale, trascurando ogni ricerca diretta a trovare un profilo di diversità, finisce, anzi finirà con il confondersi con le altre decine di film cotti e mangiati che, adattandosi ad un gusto occidentale medio, non sanno scoprire nuove possibilità, e per questo, in questo mondo globalizzato e divoratore, non lascerà traccia nella memoria.