Su Mubi António Um Dois Três Le numerazioni d’amore di Leonardo Mouramateus

La numerazione spiazza la nominazione, gioco identitario tra le salite e le discese di Lisbona, tra notti bianche e giorni (in)felici aggrappati ad amori trascorsi e trovati, fughe teatrali, versioni diverse delle stesse vite: António Um Dois Três (Concorso Pesaro 53) è l’opera prima del brasiliano (da Fortaleza) Leonardo Mouramateus, 26 anni ma già frequentazioni alte coi suoi corti, tra Locarno, Parigi Ciné Réel, Firenze Popoli, Centre Pompidou e Cinémathèque  Française. Film in transito (non solo produttivo, ma identitario) tra Brasile e Portogallo, con echi dalla Russia dostoevskijana, in cui la numerazione trina del protagonista corrisponde alla triangolazione di una narrazione che spiazza biografie e identità e destini, nella ricerca della giusta prospettiva per ogni stato d’animo. Antonio è uno studente universitario che scappa da casa per non render conto al padre del tempo che sta perdendo, ma poi è anche un tecnico delle luci che aiuta l’amico brasiliano Johnny a mettere in scena una pièce ed è ancora e infine un attore che consegna al suo pubblico di amici la sua versione delle Notti Bianche. Variazioni prospettiche sulle quali Mouramateus costruisce un gioco di incastri laschi sulla tangente del rapporto del protagonista con la sua ex fidanzata e dell’incontro  con una ragazza brasiliana di ritorno da un lungo soggiorno in Russia e di passaggio a Lisbona per poche ore. Sovrapposizioni che liberano l’assetto narrativo nel gioco di stati d’animo iscritti nella sfera di lunghi addii e brevi incontri, in un progressivo conciliarsi della fuga da se stessi con l’ingresso in una dimensione identitaria, il tutto illuminato dalla ricerca fondamentale dell’amore. Il film scorre al di là della slabbratura degli episodi sul rapporto tra l’attraversamento di una Lisbona colta in trasparenza tra distanze europee e atlantiche, tra Est e Ovest, tra Russia e Brasile. Differenti scansioni di sé , “saudade” per uno spleen inciso sulla vaghezza di ritorni, partenze e sostanziali attese nella parentesi inconclusa di perenni notti bianche. Il gioco sul personaggio di Antonio resta tutto sommato marginale, espediente narrativo per una inclusione di diversioni esistenziali che in realtà appartengono all’idea stessa di un filmare con disposizioni differenti. Il tempo dell’attesa resta la chiave poetica di un’opera che lavora tra fughe, ritorni, transiti, fermate…