Relic di Natalie Erika James: oscure presenze australiane

L’insidia del corpo che invecchia e il dissolvimento della ragione, ma anche la soluzione di un rapporto familiare matrilineare, in cui la figura maschile risulta espunta e persino la casa assume un valore uterino… È indubbiamente un horror femminile, Relic, sorprendente opera prima dell’australiana Natalie Erika James, che lavora tanto sul versante introspettivo e intimo quanto su quel senso di panica inquietudine cui ci ha abituato una parte di quella cinematografia. Nel film il nucleo familiare assume il classico ruolo di catalizzatore di tensioni coltivate in vissuti pregressi, storie implicite di madri e di figlie che si reiterano lungo l’asse delle generazioni e che diventano il nodo che tiene legate le persone alle loro ansie, destinate a cristallizzarsi in vere e proprie paure. Edna, l’anziana madre, è scomparsa nel nulla da alcuni giorni: una telefonata della polizia locale avvisa Kay, la figlia, che vive altrove e che si precipita nella casa in cui è cresciuta e da cui è andata via portandosi dietro gli immancabili rancori. Insieme a lei c’è anche Sam, sua figlia, con la quale Kay sembra fatalmente reiterare le incomprensioni che hanno segnato il suo rapporto con la vecchia madre, tanto che ora la ragazza non manca, da parte sua, di percorrere all’indietro la relazione matrilineare, scavalcando affettivamente la madre in favore della nonna…

 

 

Quando dopo alcuni giorni Edna riappare senza dare spiegazioni, sembra la stessa eppure è diversa e nel persistente svagamento delle sue azioni c’è qualcosa che non parla il linguaggio della semplice demenza senile. La donna dà segni di una inquietudine legata a una presenza oscura che irrompe in casa e che diventa sempre più concreta anche per Kay e Sam, che ne subiscono a loro volta gli attacchi. Tutto però resta in bilico tra un orrore suggerito e la tensione psicologica della relazione: Natalie Erica James lavora sulla concretezza del decadimento fisico degli elementi, ma poi si spinge in una dimensione bipolare, dove il rapporto tipicamente australiano con le risonanze ambientali, il background culturale, una certa pulsionalità evocativa della natura diventano fattori quasi tangibili, che finiscono per assumere un valore primario nella struttura del film. La casa è un luogo di transito tra realtà e identità parallele e Edna se ne fa a sua volta tramite nel rapporto conflittuale con la figlia e in quello più empatico con la nipote. Le dinamiche familiari e le torsioni generazionali, la linea ereditaria del sangue come grumo nero che implode nel confronto con la zona d’ombra del decadimento fisico, della malattia e della morte dei genitori, sono del resto centrali nel miglior horror delle ultime stagioni (basti citare due film potenti e importanti come Amulet di Romola Garai e The Dark and the Wicked dell’ottimo Bryan Bertino, ma si pensi anche al cinema di Ari Aster). E in Relic Natalie Erika James si cala in questo meccanismo simbolico con una precisione teorica molto interessante, che trova nell’inquadratura finale una visione quasi plastica: un abbraccio con la parte oscura di sé, che riecheggia anche allusioni identitarie antropologiche, legate al background australiano, alla cultura degli aborigeni, al rapporto atavico con lo spazio e col tempo che quella terra nutre da sempre. L’anziana Edna, matriarca che sta in un rapporto ambivalente con la sua casa, fatto di possesso ma anche di possessione, è una sorta di medium che connette la linea culturale e identitaria dei bianchi con la pulsione arcaica del luogo: sparisce nel bosco, scava a mani nude la terra, contiene in sé l’ombra nera che si impossesserà anche fisicamente di lei da dentro. Relic del resto fa continuo riferimento a un’idea di Outback che incombe sulla realtà di questa casa/famiglia attraverso lo smarrimento progressivo di Edna e che si concretizza in quel Outback introflesso che possiede la magione da dentro, quella casa nella casa da cui la presenza maligna accede nella realtà di quelle donne e in cui Sam si perde. Natalie Erika James costruisce tutto questo con una essenzialità che punta alla dimensione evocativa degli elementi e trova nel rapporto quasi pulsionale tra le figure e lo spazio la sua vera ragione, in questo rispondendo alla dinamica già messa alla prova nel suo primo cortometraggio, quel Creswick (visto di recente al Monsters Taranto Horror Film Festival) a partire dal quale ha poi sviluppato Relic. Ciò che piace è la capacità della regista di scavalcare il tema della possessione della casa, facendo della magione uno spazio quasi uterino, un corpo che dialoga dall’interno con le protagoniste ed esprime una prospettiva di fuga dalla realtà verso un oscuro universo parallelo, arcaico. Una dimensione identitaria alternativa, un Outback della coscienza…

 

Relic è disponibile in BluRay e in VOD su varie piattaforme