ArteKino Festival – Destello bravío di Ainhoa Rodriguez con l’animo dimesso e il forte impatto visivo

Forse, sicuramente non di recente, raramente si è visto un film in cui il trattamento preveda una così forte adesione tra temi del racconto e forma stilistica dentro la quale l’opera vive la sua vita. La madrilena Ainhoa Rodriguez sembra avere le idee chiare e lo dimostra con questo suo lungometraggio d’esordio, che scrive e dirige, già presentato a Rotterdam e poi in cartellone allo ShorTS International Film Festival di Trieste, giunto alla sua 22ma edizione. Destello bravío, Mighty flash in versione internazionale, ha il pregio di fare aderire lo sfilacciato e interrotto racconto, ambientato in un luogo imprecisato dell’Estremadura spagnola, ad una forma cinematografica che replica, in una specie di incantamento naturale delle sue immagini – comprese le lunghe e inattive sequenze in cui si indugia in un soffermarsi quasi perplesso della macchina da presa, i piani sequenza a distanza e le riprese in campo ravvicinato, in cui l’immagine sembra raccontare una scena teatrale piuttosto che comporre una sequenza cinematografica – che sanno raccontare di una diffusa, ma inguaribile disperazione che aleggia sul paese e nelle vite solitarie delle sue donne. Destello bravío è un film dall’animo dimesso e dal forte impatto visivo, uno di quei film che non si dimentica per il lavoro attento e registicamente ineccepibile, che con rigore assoluto la regista madrilena porta a compimento. Servirebbe, come suggerisce il titolo, un lampo potente che muti la vita in questo luogo dentro il quale sembrano inaridirsi le speranze e le vite delle donne solitarie che lo popolano. Sole con i dialoghi con un registratore per un futuro indefinito, sole con i desideri inappagati che attraversano le loro vite, sole perfino dentro i pettegolezzi aridi che si consumano nei tristi tè del pomeriggio. Rodriguez lavora sulla forma, piuttosto che sul racconto e con un accento che ha un forte impatto estetico sembra prosciugare il suo film da ogni scoria che possa incrinare il rapporto tra il racconto e la forma che gli è attribuita, a volte perfino giocando su una specie di piatta bidimensionalità dell’immagine, che nella sua uniformità cromatica – un complimento ulteriore va al direttore della fotografia Willy Jáuregui – sembra appiattirsi restituendo un’immagine senza respiro.

 

 

Un film che appartiene a quella categoria in cui entrano quelle opere che sanno coniugare il mezzo utilizzato con l’idea che abita il soggetto, con l’intenzione di chi lo ha scritto, che non è in questo caso, né quella di raccontare le frustrazioni di donne di mezza età dalla bellezza sfiorita, né quella di presentarci la depressione morale e anche economica di una landa marginale del Paese, ma piuttosto quella di svelare i segreti rivelatori delle anime femminili. Destello bravío sa farsi cinema femminile senza indugiare troppo sulla sua natura, senza autocompiacersi di questa intuizione, con la sua forma ruvida e poco accattivante sa entrare là dove gli accessi sembrano chiusi e mostrare l’inaridirsi della vita, ma non dei desideri siano essi sessuali o di altra natura. La regista sembra avere perfettamente metabolizzato la lezione del cinema spagnolo dei padri, a cominciare da Buñuel, che, introiettato con sapiente naturalezza, serpeggia con la sua anima inquieta e ironica tra le immagini del film, senza mai impossessarsene magari miseramente in un’operazione di pura calligrafia. È invece un realismo in cui resta innestata la lezione del regista spagnolo a dominare il film, cui va riconosciuta, questa volta a pieno titolo, quella sorta di leggero e soffuso realismo magico che accompagna l’evolversi interiore della vicenda. È in questo clima che i personaggi femminili, assoluti protagonisti del film, formano una galleria di volti e di storie, purtroppo lontane dall’affrancarsi da una società e una tradizione anticamente patriarcale, che costituisce il soffocante ambiente dentro il quale questi personaggi vivono le proprie inesorabili e insanabili insoddisfazioni. Si gioca così, con naturale consapevolezza, la partita difficile che l’autrice ha deciso di giocare, trasformando il cinema in ristagno naturale di tutti i sentimenti possibili e nel quale si possono leggere, nella trasparenza delle immagini, le molteplici solitudini consumarsi nel breve lampo della vita, aspettando vanamente quello che possa trasformare l’esistenza.

 

Fino al 31 dicembre in streaming gratuito qui