TOHorror di Torino – Le tenebre e l’incubo di Midnight in a perfect world di Dodo Dayao

In concorso al ToHorror Fantastic Film Fest di Torino nella sezione lungometraggi, Midnight in a perfect world è l’ultima pellicola del filmmaker filippino Dodo Dayao. A Manila una serie di blackout notturni terrorizza la popolazione. Chi si fa trovare per strada durante questi inspiegabili avvenimenti sparisce nel nulla. Gli unici luoghi sicuri sembrano essere le cosiddette “safe house”, dove rifugiarsi in attesa che torni l’elettricità. È in una di queste case che si nascondono i protagonisti quando, nuovamente, qualsiasi tipo di luce scompare. Ma la loro incolumità non è garantita neanche dall’edificio-bunker in cui ripongono le speranze. Dopo il successo di critica della sua opera prima, Violator (2014), il regista lavora a un cortometraggio originariamente intitolato The Way The Light Fails, reimmaginandolo poi come lungometraggio e dando così vita a Midnight In A Perfect World. Incubo snervante dalle atmosfere cupe e claustrofobiche, il film di Dayao è un lavoro multisfaccettato che abbraccia il cinema di genere per veicolare metaforicamente un forte sentimento di sofferenza rispetto alla situazione politica passata e presente delle Filippine.

 


 
Come si vive nella repressione? Come rappresentare la repressione? Rubando la luna. Oscurando il mondo. Un Blair Witch Project dove a illuminare i volti dei protagonisti non sono le luci delle torce ma gli schermi dei cellulari. Una geografia claustrofobica dove quasi non esiste l’esterno ma tutto converge verso soffocanti interni, che paiono stringersi sempre di più sui primi piani di Mimi, Jinka, Glenn e Tonichi. Gli esterni diurni sono infatti esigui e disorientanti, come nell’inquadratura da vertigine di Tonichi in visita alla madre, dove i due paiono sospesi su uno strapiombo di alberi. Alieni, mimic, presenze oscure dalla provenienza ignota abitano invece tutte le possibilità dello spazio, lo travalicano, annullando qualsiasi punto cieco. Un mondo dalle regole sovvertite in cui la droga diviene unica fonte di salvezza. Dayao sposa i topoi del cinema di genere per lasciar palpabilmente trapelare il desiderio di liberarsene, alimentandoli attraverso un’energia sofferente e originale. Il regista filippino configura abilmente l’emergere di un orrore soprannaturale che coinvolge chiunque, indipendentemente dallo status sociale, e le cui conseguenze comportano la completa cancellazione dal mondo, evocando acutamente il terrore reale di essere annullati come cittadini ed esseri viventi da governi totalitari o da altre figure nefaste. Un’ottima prova quella di Dayao, che si conferma autore di cui seguire l’evoluzione.