Tra thriller e gotico, Assassinio a Venezia, di Kenneth Branagh

Poirot è stanco. Si ritira a Venezia in una casa che dal terrazzo la domina, solo, con la sua fidata guardia del corpo Vitale Portfoglio (Riccardo Scamarcio). Ma una sua amica scrittrice, Ariadne Oliver (Tina Fey) lo importuna con un invito ad una serata in un famoso e bellissimo palazzo dove si terrà una seduta spiritica. In quello stesso luogo, tempo prima, la giovane Alicia dopo la rottura del fidanzamento con Maxime Gerarad (Kyle Allen) era morta in circostanze misteriose, forse un suicidio. Non si sciolse mai l’enigma. La madre della sfortunata giovane, Rowena Drake (Kelly Reilly) nella speranza di un contatto con la figlia ha chiamato la sensitiva Joyce Reynolds (Michelle Yeoh). Sarà una notte costellata da delitti, da ombre e paure dei fantasmi del passato e del presente per Poirot. Ma alle prime luci dell’alba il mistero sarà risolto e Poirot potrà già occuparsi di un altro caso. Il film è tratto dal giallo di Agatha Christie Poirot e la strage degli innocenti, terzo film per Branagh dopo il buono Assassinio sull’Orient Express e lo sciapo Assassinio sul Nilo. Le ambientazioni veneziane contribuiscono ad amplificare le atmosfere già cupe di una notte di tempesta durante la quale si svolge il rito della seduta spiritica, ma soprattutto della faticosa indagine di Poirot che si dovrà guardare da troppi nemici.

 

 

Va detto che se il film non va con la sicurezza del primo della trilogia a centrare il bersaglio è forse dovuto ad una incertezza nel quale il film naviga. Da una parte le atmosfere dell’indagine poliziesca con gli intrighi tra i vari personaggi, opportunamente tutti rinchiusi in uno spazio limitato, ma pieno di insidie e questo appartiene alla classicità del racconto di Agatha Christie con il quale Branagh, ormai abituato, si destreggia molto bene tra porte che si aprono e inattesi nascondigli pieni di sorprese che si scoprono. Dall’altra parte però, il tentativo, accattivante, di innestare su questo classico impianto da thriller le atmosfere dark da gotico anglo-veneziano non sembra essere un esperimento del tutto riuscito. Il rischio è quello di snaturare la storia, le situazioni create dalla scrittrice, diventando l’impianto narrativo piuttosto un laboratorio di sperimentazione della visione ibrida su quel confine tra thriller e gotico che, sebbene visibile e immaginabile, non risulta essere frequentato proprio per le forti caratterizzazioni che i due generi possiedono, rendendo difficile una loro combinazione. Se così fosse davvero va dato atto a Branagh di avere fatto un tentativo, di avere lavorato su quel confine così instabile con alle spalle una storia forte, articolata e che per la sua ambientazione aveva la vocazione giusta per diventare quel film che segna il limite, e su quel limite si sviluppa, tra i due mondi diversi e non necessariamente alternativi.

 

 

Forse una certa verbosità, anche un po’ prolissa, in certe fasi sembra un po’ addormentare la storia e fare perdere il filo, ma è pur vero che la materia è complessa e il racconto necessita di qualche digressione. Questi i rischi che Branagh si è assunto andando a scovare uno dei romanzi meno noti della scrittrice inglese. Diventa interessante, invece, valutare il Poirot branaghiano messo a confronto con quelli che lo hanno preceduto. Senza dilungarci sugli altri va detto che il regista e attore inglese, al pari di altri, sembra esasperare le manie dell’investigatore e qui ne arricchisce la caratterizzazione con quella stanchezza di cui si diceva all’inizio. Un Poirot sottotono che accetta con una certa riluttanza l’invito della sua amica scrittrice. C’è una certa aria di smobilitazione e un po’ questo si percepisce dal fatto che Poirot comincia a fare i conti con i suoi trascorsi e non ha fiuto nel circondarsi da persone in fondo poco raccomandabili. Non sappiamo se sia un congedo di Branagh dall’investigatore franco-belga, nato in Gran Bretagna, ma sappiamo di certo che questo film, nel suo bene e nel suo male, va considerato come un confine tra quanto è accaduto prima e quanto potrà avvenire dopo. Di certo Branagh/Poirot cerca nuove vie e nuove atmosfere. Vedremo e valuteremo.