Trieste Film Festival – Pastorale rumena: Acasā di Radu Ciorniciuc

«La vita è dura ma faccio festa» cantano i bambini della famiglia Enech. Sono tanti e passano il tempo facendo il bagno, aggirandosi su una barchetta, pescando a mani nude o con canne da loro realizzate, inseguendo aironi… Sembra di essere capitati nel pieno de Il signore delle mosche e invece è il prologo di Acasā (My Home), opera prima di Radu Ciorniciuc, in concorso nella sezione documentari del Trieste Film Festival dove viene presentato in anteprima italiana. In realtà non sono soli, vivono con i genitori in una baracca all’interno del parco di Văcărești alle porte di Bucarest. Tra piccioni, cani, gatti, maiali selvatici, bambini che gattonano, si respira una grande libertà oltre che una totale fusione tra i membri della famiglia  Gica, il padre-padrone della tribù (nove figli a cui si aggiunge qualche nipote) ha fatto una scelta di vita 18 anni prima, lasciando il lavoro da assistente chimico di laboratorio decidendo di andare a vivere nel parco perché, dice «odio questa civiltà». Il figlio maggiore, l’adolescente Vali, si occupa dei fratellini: «Sei il più grande, devi promettermi che farai da capofamiglia», gli impone il padre. Ed è proprio Vali a occuparsi del sostentamento della famiglia: di notte va a pescare e il giorno dopo vende il pesce porta a porta in città.

 

 

Gli Enech devono affrontare varie insidie: la prima è rappresentata dagli assistenti sociali che a cadenza regolare si presentano con la minaccia di portare via i bambini (ma ormai i genitori, grazie anche a provvidenziali telefonate, sanno come muoversi: hanno allestito un rifugio in un’altra zona dove nascondere i piccoli fino a quando i controlli sono finiti). Ci sono poi gli incendi dei pescatori ubriachi che attirano vigili del fuoco e polizia. E infine ci sono le escavatrici, dapprima in lontananza, poi sempre più vicine. L’atipica pastorale rumena è infatti destinata a concludersi. La zona, considerata fino a quel momento abbandonata, viene trasformata nel più grande parco naturale urbano dell’Unione europea con tanto di visita del capo del governo Dacian Cioloș, della ministra dell’ambiente e persino del principe Carlo (l’erede al trono d’Inghilterra pianta un albero). Da quel momento tutto cambia e lo capisce subito Gica che spera, invano, di essere assunto come guardia forestale, e che d’ora in avanti deve chiedere l’approvazione dell’Associazione del Parco Naturale per qualsiasi cosa («Lo sapevo che sarebbe successo. Non mi permetteranno di pescare o piantare alberi»). Alla fine la loro baracca viene distrutta e la famiglia è costretta a trasferirsi in un appartamento in città. L’adattamento ai ritmi, agli obblighi e al rispetto dei divieti è molto faticoso e arriva a mette a repentaglio l’unione della famiglia. «Basta città, telefono o altro» prova a imporre inutilmente Gica. Rimangono gli occhi pieni di lacrime di Rica che dice al fratello maggiore Vali: «Se potessi tornerei al parco. Papà è cambiato tanto e anche tu. Questa città non va affatto bene per noi. È come una prigione».

 

 

Il ritorno alla vita idilliaca non è mai possibile e, da questo punto di vista, Acasā trasforma in esemplare la storia della famiglia Enech. Un film nato casualmente: Radu Ciorniciuc è un giornalista d’inchiesta che nel 2016 pensa di realizzare un reportage sulla trasformazione di Văcărești in “area protetta naturale”. Qui entra in contatto con alcuni dei bambini Enech e si appassiona alla loro storia tanto da seguirli per quattro anni, costruendo con la famiglia un rapporto di fiducia che gli permette di diventarne in qualche modo parte integrante (tantissime le scene in cui li riprende di notte mentre dormono ammassati o mentre discutono animatamente). Oltre a creare un forte contrasto tra le immagini della prima e della seconda parte – unite nella sequenza realizzata con il drone alla fine del prologo in cui dal parco ci si innalza a vedere lo sfondo incombente di Bucarest -, c’è un ottimo lavoro di sceneggiatura (di cui è autore Ciorniciuc con Lina Vdovîi), con la seconda parte in città che diventa quasi speculare alla prima e gli aironi del parco non possono che lasciare il posto al pedalò-cigno che attraversa il Dîmbovita.

 

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La 32ª edizione del Trieste Film Festival è visibile sulla piattaforma MYmovies