Un pezzo di storia contemporanea in MLK/FBI di Sam Pollard al FESCAAAL 2021

Sarà distribuito da Wanted MLK/FBI il film di Sam Pollard che ricostruisce, con materiali d’epoca in parte divenuti pubblici, le indagini e i pedinamenti dell’FBI mirati a screditare le lotte di Martin Luther King ad iniziare dagli anni ’50. Ma proviamo a cominciare dalla fine, da quel 4 aprile 1968 quando, colpito da un proiettile sparato da un fucile di precisione sul balcone dell’Motel Lorraine a Memphis, Martin Luther King jr., Pastore della Chiesa Battista e predicatore, ma soprattutto combattente per i diritti civili dei neri d’America, è morto. Un assassinio maturato sicuramente in quegli ambienti in cui maturano gli odi razzisti e si architettano i complotti per eliminare gli avversari. La storia degli Stati Uniti è costellata di questi fatti e l’assassinio di King si aggiunge alla lista. Venne accusato dell’omicidio James Earl Ray, ma la sua colpevolezza non fu mai conclamata, tanto che i figli del Pastore Battista non credettero mai alla sua responsabilità. Ma il film di Pollard, regista e produttore nero che non è nuovo a queste incursioni dentro la storia e la cultura dei neri d’America, non è un film che intende ricostruire la vita di Martin Luther King, quanto piuttosto, attraverso la figura del predicatore, ricostruire il clima che l’FBI creò attorno a personaggi come King che combattevano la loro battaglia, non solitaria, anzi con un numero sempre più cospicuo di seguaci, per la riaffermazione dei diritti civili della collettività nera. Un trattamento la cui ispirazione proveniva direttamente dal capo dell’Agenzia J. Edgar Hoover quello stesso Hoover che Clint Eastwood con il suo film del 2011 ha descritto come un uomo che ha rappresentato il tradimento dei principi della democrazia americana e un ultimo padre di un’America perduta dentro il sogno di una grandezza che non può più raggiungere. Il terribile Hoover fu capo indiscusso di una Agenzia Investigativa di Stato che diresse ininterrottamente per 48 anni, dal 1924 al 1972. Non era nuova l’FBI ad aprire fascicoli su personaggi scomodi e presunti destabilizzatori del sistema. Un trattamento riservato ad esempio a Jean Seberg protagonista di A bout de souffle di Godard, che vide sconvolta la sua vita fino al suicidio per essere stata simpatizzante dei Black Panthers, il movimento radicale di lotta dei neri. Il film di Benedict Andrews Seberg – Nel mirino del 2019 ricostruisce quegli anni e quelle persecuzioni.

 

 

Era quasi una regola, ci racconta Pollard con una ricostruzione visiva affidata a documenti d’epoca e sonora, invece, grazie alle numerose interviste di persone legate alla storia di quegli anni, con le voci fuori campo che nel commentare indirettamente le immagini, restituiscono il senso di un clima politico generalmente ostile nei confronti di chiunque lottasse per una vita più dignitosa, a cominciare dai diritti civili fondamentali così come affermati in qualsiasi Costituzione, compresa quella degli Stati Uniti. Figuriamoci se in questo clima non sarebbe stato preso di mira anche il Predicatore e Pastore nero che già da subito, grazie ai suoi discorsi pacifisti e non violenti, ma fermi nel rivendicare i diritti per la sua collettività, poteva vantare un numero considerevole di seguaci che in realtà, giorno dopo giorno, aumentarono fino alla grande manifestazione del 28 agosto 1963 sul National Mall di Washington. L’episodio, ricordato anche in Forrest Gump di Zemeckis, ancora oggi viene commemorato anche grazie all’evocativo incipit del discorso di King, quel I have a dream… che è diventato un marchio del sogno dell’utopia per chiunque desideri un mondo fondato sulla correttezza dei rapporti e delle regole. Il regista Sam Pollard imprime un ritmo incalzante al suo film in una progressione in cui appare tutta la perversa logica dell’FBI nel demolire la figura pubblica dell’uomo politico. Per colpire King l’FBI cominciò ad indagare sulle persone a lui più vicine. Uno dei primi fu Stanley Levinson, avvocato, comunista e di origine ebrea, che organizzava le iniziative alle quali il Pastore prendeva parte ed era anche il suo ghostwriter. Levinson aveva un passato di attivista del movimento progressista e con quella esperienza fu anche uomo determinante per le attività della Southern Christian Leadership Conference, associazione istituita da King, volta a difendere i diritti dei neri e a promuovere iniziative a favore della loro riaffermazione. A seguire le indagini si diressero anche su Clarence Jones, altro consigliere e amico di King, anche questi suo stretto collaboratore per l’organizzazione delle manifestazioni e amico di Levinson. L’FBI intercettò a lungo le telefonate di King, Levinson e Jones e solo a seguito di questa prima attività investigativa, decise di investigare direttamente su Martin Luther King. In un Paese puritano come gli Stati Uniti, all’epoca come oggi è sicuramente la sfera sessuale ad essere quella più vulnerabile e fu proprio su quella che l’Agenzia investigativa americana indagò principalmente. Sotto questo profilo evidentemente il Pastore non era del tutto esente da colpe e pertanto il martellamento continuo ebbe un esito positivo per l’FBI. Ma in fondo l’indagine non ebbe gravissime conseguenze. Ciò che, invece, ebbe gravi conseguenze, fino a spaccare la comunità nera, fu la decisione di King di scendere in campo contro la guerra del Vietnam compromettendo anche un proficuo rapporto che si era consolidato con Lyndon Johnson che sul tema dei diritti ai neri, lavorava in continuità con l’amministrazione Kennedy. Parte della comunità nera infatti lo accusò di avere scelto di dare priorità alla contestazione contro la guerra, piuttosto che alla difesa dei diritti civili.

 

 

 

Ma l’epilogo era vicino. Il film di Pollard ci informa che nel 2027 saranno desecretate le intercettazioni telefoniche tra i tre attivisti, ma soprattutto quelle che riguardano le indagini sui comportamenti sessuali di King. Ci si interroga sia sulla loro veridicità, tenendo conto che vi erano dei premi in denaro per gli agenti che riuscivano a scovare dettagli interessanti, sia sulla percezione della figura di King alla luce di questi dubbi, seppure dopo quasi sessant’anni dalla sua morte. Nel titolo del film la contrapposizione tra King e l’FBI ed è per questo che si tratta di nn materiale che costituisce un pezzo di storia contemporanea, quella storia di quell’abuso del potere che la democrazia americana sa comunque digerire e rigenerare, ma che resta abuso e sopruso. Forse l’aggressività contro i neri è perché i neri mettono in crisi la considerazione che i bianchi hanno di sé stessi e della violenza che hanno usato per ottenere la supremazia, è questo il senso delle parole con cui si conclude la ricerca di Pollard e forse tra quelle che possono provare a spiegare il drammatico rapporto tra le due comunità, con una cronaca che continua a restituirci notizie che non vorremmo ascoltare e con una storia che continua a negare i diritti più elementari in una Nazione che sembrava essere nata per essere tra quelle protettrici della civiltà dei diritti.