Valley Uprising: free climbing & rock’n’roll

timthumbContro la legge di gravità e (spesso) contro le leggi dello stato. I padri fondatori americani dell’arrampicata libera hanno trovato il loro tempio all’interno dello Yosemite Valley. E lì hanno scritto una grande pagina. Oltre che di alpinismo, di controcultura a stelle e strisce. Lo racconta magistralmente Valley Uprising, il documentario (dall’illuminante sottotitolo Yosemite’s  Rock Climbing Revolution) di Peter Mortimer, Nick Rosen e Josh Lowell presentato con grande successo al recente Trento Film Festival dove è stato premiato quale Miglior film di esplorazione.

 

TFF_manifesto_2015-590x246Negli ultimi 50 anni quelle pareti di granito hanno attratto delle leggende come Dean Potter, Alex Honnold, Lynn Hill, “Chongo” Chuck, John Bachar, Jim Bridwell, Warren Harding, Yvon Chouinard e tanti altri. Adepti di una religione che prevedeva un modo nuovo di arrampicare e vivere. In parete a torso nudo, capelli lunghi e fisici impressionanti, al campo tende, travi per l’allenamento (severissimo), molta droga, belle ragazze, pessimi rapporti con l’ordine costituito. All’apparenza hippie, in realtà atleti mostruosi, refrattari alla legge, uniti anche dalla convinta opposizione alla guerra in Vietnam. Forse le cose sarebbero andate in modo differente se alla fine del 1977 un aereo dei narcos zeppo di marijuana non si fosse schiantato nel cuore dello Yosemite Park. Nessuno l’ha mai cercato ma quel carico, come illustra il film, ha profondamente segnato la storia dell’arrampicata statunitense.

Adagiato su una colonna sonora fenomenale (tra gli altri Meet me in the morning di Bob Dylan e White Rabbit dei Jefferson Airplane) Valley Uprising, ci fa scoprire i giorni che precedono una grande arrampicata, le sfide all’assoluto (ci sono momenti seminali come l’attacco vincente a El Capitan, 914 metri semplicemente verticali), gesti leggendari (Harding all’assalto del Dawn Wall si trova inchiodato da una tempesta, all’elicottero arrivato in soccorso mostra il dito medphpThumb_generated_thumbnailjpgio e continua nell’impresa che pretenderà da lui e da Caldwell 27 giorni di fatica). Sui titoli di coda appare una citazione di  Jack Kerouac:” Because in the end, you won’t remember the time you spent working in the office or mowing your lawn. Climb that goddamn mountain.” Perfetta per chiudere un film che ci svela perché le arrampicate fanno sognare, perché i grandi sanno decifrare, fino alla vetta, la parete che si trovano davanti. Toccano la roccia e vanno, in un gioco tattico che non lascia spazio a gesti inutili, come racconta Catherine Destivelle in Verticali:”non ci si compiace di muoversi, ci si muove, e se si tiene alla propria pelle non lo si fa come capita: bisogna riflettere, anticipare, regolare lo sforzo.”