Wish di Chris Buck: se puoi sognarlo, puoi farlo

Diretto dal regista premio Oscar Chris Buck (FrozenFrozen 2 – Il Segreto di Arendelle) e Fawn Veerasunthorn (Raya e l’ultimo drago) e scritto in collaborazione con Jennifer Lee, direttrice creativa della Walt Disney Animation Studios, Wish è il film con cui la Disney festeggia il Natale 2023 ma anche e soprattutto il centenario dello storico Studio. Per questo si sprecano le citazioni ai film più famosi e si esaltano la magia dell’immaginazione e il coraggio dei suoi personaggi, e sempre per questo il racconto si concentra sui temi dell’inclusività a tutti i livelli, ambientato in un’isola paradisiaca del Mediterraneo chiamata Rosas, dove un re illuminato e capace di magia, è approdato anni prima per fondare un regno dove dominano pace, bellezza, accoglienza, uguaglianza e felicità. Per riuscire in tutto questo Re Magnifico ha istituito la regola per cui ogni abitante appena diciottenne gli affida il suo sogno più importante, che poi dimenticherà per tutta la vita, a meno che il re non decida di esaudirlo in una cerimonia che si tiene una volta l’anno. In questo trionfo del politicamente corretto vive la diciassettenne Asha, che ambisce a diventare apprendista del Re, fino a quando, però, con suo stesso dolore, non scopre che la favola in cui vivono tutti è uno stratagemma di sottomissione e ubbidienza, l’oppio con cui intorpidire i sensi del popolo per avere la vita facile e un potere senza contestazioni.

 

 

Un demiurgo sinistro, infedele e debole, pronto a fare appello alle forze del male con il solo scopo di contrastare la presa di coscienza della protagonista (e lentamente, di tutti gli altri) e ha basato la sua felicità su una subdola sottomissione dei suoi sudditi, che per magia smettono di avere desideri, perché i desideri possono essere eversivi e spingere le persone a pensare in modo diverso. Un film, quindi, moderno, adulto e politicamente coinvolto, si direbbe a prima vista, se non fosse per il semplicismo con cui tutto è affrontato e con cui viene azzerata la complessità poetica dei classici disneyani. A dimostrazione del fatto che non bastano le buone idee, se queste non sono sorrette da un’ispirazione autentica e dal desiderio di continuare nel tempo a parlare agli spettatori di tutti i tipi e di tutte le età. L’immaginazione e il potere dei sogni tanto decantanti in Wish non sembrano aver sorretto il processo creativo.

 

 

Il motto stesso di Walt Disney “Se puoi sognarlo, puoi farlo” dimenticato, o meglio, ridotto a un puro esercizio. A poco servono i 200 milioni di dollari spesi e la scelta di ricorrere parzialmente al disegno tradizionale a mano per uno stile visivo che ricorda le illustrazioni ad acquerello. Il risultato è un deludente compendio di bontà e buoni propositi, che finiscono paradossalmente per tradirne le intenzioni, poveramente raccontate e risolte con soluzioni prive di creatività, dove la tanto riconoscibile ricchezza di dettagli disneyana (visivi e narrativi) viene sostituita da una realizzazione più povera che piatta e dove i personaggi sono tutti secondari, ma senza la forza eversiva del film corale.