Quando ero arrivato in America, sei anni prima di questo viaggio in Europa, avevo deciso di non rimettere più piede nel paese dove avevo passato gli anni della guerra. Che fossi scampato era dovuto esclusivamente al caso, ed ero sempre stato acutamente consapevole che centinaia di migliaia di altri bambini erano stati condannati. Ma anche se ero profondamente addolorato da quell’ingiustizia, non mi percepivo né come un venditore di sensi di colpa e reminiscenze personali, né come un cronista del disastro che aveva colpito la mia gente e la mia generazione, ma esclusivamente come un narratore.
( Da l’introduzione di Jerzy Kosinski a L’uccello dipinto, minimum fax, pag.325, euro 13,50)
Nato a Lodz nel 1933 da una famiglia ebrea, Jerzy Kosinski ha incentrato la sua opera su una tematica ricorrente, quella dell’isolamento dell’individuo e il suo sforzo di sopravvivere fisicamente e moralmente nella società, una lotta in cui l’unica arma sembra essere l’accettazione e la pratica della crudeltà. Emigrato negli Stati Uniti nel 1957, lo scrittore ha subito in patria un linciaggio mediatico da Guerra fredda all’uscita di L’uccello dipinto. A poco valsero le appassionate difese di Elie Wiesel e di altri intellettuali di fronte alle accuse di essere pagato dagli americani per convincere gli ebrei a lasciare la Polonia. La grandezza lungimirante di questo scrittore è certificata dall’uscita nel 1970 di Oltre il giardino, capitolo a sé della sua produzione, è un geniale assalto alle falsità del sistema democratico e alla vacuità dei media; poi nel ’79 ci penseranno Hal Hasby e Peter Sellers a rendere immortale la figura di Chance il giardiniere. Ma per Kosinski era tempo di nuovi attacchi. A partire dalla fine del 1982 il Village Voice si mise a capo di una crociata, subito sposata da altri giornali americani e da buona parte dell’informazione polacca. Questa volta lo si accusava di farsi scrivere i libri, di avere rubato le esperienze di guerra che aveva vissuto. Stanco e solo Kosinski si è suicidato il 3 maggio 1991.
“Se si ascolta attentamente, in qualunque momento, in qualunque posto si vada in campagna, si sentono le donne bastonate dai mariti dentro le loro case”. Chi è in possesso di questo tipo di ipersensibilità può percepire per estensione, in The Painted bird, un rombo, un rumore di fondo ben più sordo sulle desolate campagne dell’Europa orientale, nel corso della Seconda guerra mondiale. Capace di percepire quel rombo è il bambino protagonista: la violenza lo fa scricchiolare sotto una palpitazione inaudita, quelche volta è un osso che si spezza, qualche volta sono denti rotti, dita frantumate, terrore. Un giro di vite noncurante e arriva la perdita della fede, una torchiatina indifferente e al bambino non è più dato di parlare: diventato muto subisce meglio, secondo la logica degli aguzzini. Non c’è nulla di edificante nel romanzo di Jerzy Kosinski, si ricreda il lettore se pensa di percepire una direzione nelle sofferenze del piccolo o anche un messaggio di denuncia; è necessario un grande scrittore per continuare a parlare quando nella bocca di un bambino le parole si inceppano e i meccanismi vengono gratuitamente spezzati. Per Kosinski il cronista deve dedicarsi alla cronaca; se in qualche modo l’uomo, dietro, rimane turbato, la cosa non riguarda la pratica della cronaca. Il titiolo è enigmatico e protegge ogni interpretazione: il bambino si definisce un uccello dipinto. Fra le fonti che gli hanno ispirato il titolo lo scrittore ha sempre citato Gli uccelli, la commedia satirica di Aristofane: “il suo uso simbolico degli uccelli, che gli permise di occuparsi di fatti e personaggi di attualità senza le restrizioni imposte a chi scrive di storia, mi sembrò particolarmente appropriato, anche perché lo associavo a un’usanza contadina di cui ero stato testimone durante l’infanzia. Uno degli svaghi preferiti degli abitanti dei villaggi consisteva nel catturare degli uccelli, dipingergli le penne e lasciarli liberi di tornare allo stormo. Mentre questi animaletti variopinti cercavano la salvezza tra i propri simili, gli altri uccelli, vedendo in loro degli estranei minacciosi, attaccavano e dilaniavano i reietti fino a ucciderli”. In più di un’occasione Kosinski ha fatto riferimento anche a un’opera fondante della pittura boema il Vysebrodskeho Cyklu dove Gesù nell’orto degli ulivi, tradito, sta per essere arrestato; tre uccelli dipinti su un ramo sono indifferenti testimoni della scena.