Alzati.
Non ce la fa.
Alzati, cazzo. Adesso.
Apre gli occhi.
Non è morto.
A metà degli anni settanta Michael Mann diventa amico del detective in pensione di Chicago Chuck Adamson che diviene suo consulente per Strade violente (1981). Passa intere serate con lui e una storia che gli racconta lo affascina e fa crescere in lui il germe di un’idea per un film. Adamson rievoca quella volta che ha preso un caffé con Neil McCauley, un rapinatore professionista reduce da Alcatraz, di come fra loro era cresciuto un rispetto reciproco, prima che la sua squadra lo intercettasse dopo un colpo e lo uccidesse il 25 marzo 1964. Partendo da quel caffé Mann inizia a scrivere (nel 1979 sono già pronte quasi duecento pagine di trattamento che finiranno poi in The Heat – La sfida). Nel 1989 ne vien fuori il film-tv L.A. Takedown (da noi Sei solo, agente Vincent). Si dovrebbe trattare di un pilot per una serie, ma la Nbc si tira indietro anche se tutti riconoscono che il materiale è molto buono e andrebbe solo sviluppato. Mann deve aspettare sei anni ma finalmente riesce a fare The Heat – La sfida, una tentacolare saga criminale ambientata a Los Angeles che fa incontrare per la prima volta Robert De Niro (McCauley) e Al Pacino (Hanna). A quasi tre decenni dalla sua uscita, Heat è sempre rimasto nei pensieri di Mann. Nel 2020, grazie anche alla quarantena, il regista ha iniziato a pensare a Heat 2, suo primo romanzo, che comincia il giorno dopo la fine del film e funge sia da prequel che da sequel di Heat, con l’azione che si muove avanti e indietro nel tempo tra una trama e l’altra: una ambientata nel 1988 (sul confine Usa-Messico) e un’altra che descrive in dettaglio le conseguenze degli eventi del film partendo da Los Angeles 1995, passando per il Paraguay per finire a Los Angeles 2000, seguendo le vicissitudini di Chris Shiherlis (l’unico criminale sopravvissuto di Heat interpretato da Val Kilmer nel film). Mann ha lavorato con la sua co-autrice, Meg Gardiner, decidendo di scrivere un libro che si potesse leggere come “una sceneggiatura in forma narrativa”. L’idea che sostiene tutta la narrazione è semplice e geniale: raccontare il conflitto fra l’adesso e il passato che libera le forze della distruzione. (In apertura un’immagine tratta da Heat di Michael Mann).
Hanna e McCauley confermano sulla pagina di essere il perfetto antagonista l’uno per l’altro: due uomini danneggiati dalla vita che sacrificano tutto per la buona riuscita del loro lavoro. Heat 2 (HarperCollins, traduzione di Alfredo Colitto, pag.557, euro 20) approfondisce questo intreccio, rivelando che McCauley e Hanna si sono inconsapevolmente sfiorati a Chicago nel 1988, quando il primo ha portato a termine una grande rapina e il secondo lavorava come detective, sulle tracce di una banda guidata da un maniaco, prima di trasferirsi a Los Angeles. Il romanzo si apre con dei versi illuminanti di Spoon Jackson (in carcere dal 1976, è un grande poeta): La realtà mangia carne cruda/ e non esita/ Ha il potere di arresto del sole/ Cammina solo con le proprie scarpe/. Michael Mann non ha fatto altro che portare alle estreme conseguenze una sua famosa battuta:”Prima di girare il film sapevo tutto di Neil, anche cosa ha fatto a 11 anni. Avevo immaginato la vita completa di questi personaggi”. I momenti iconici del film vengono illuminati, come le regole di vita seguite per decenni: il mitico “Vuoi diventare qualcuno nella strada? Non avere affetti, non fare entrare nella tua vita niente che tu non possa piantare in 30 secondi netti” è la conseguenza di un amore annegato nel sangue nella polvere messicana; McCuley ha plasmato la sua filosofia sulla lettura di Camus in carcere e i suoi assalti si nutrono strategicamente dell’esperienza fatta in Vietnam. Per i frequentatori della filmografia di Mann è assai divertente riconoscere dettagli e idee tratte dalla sua opera. La rapina a Chicago viene direttamente da Strade violente; quando Chris si nasconde in Paraguay e si occupa di criptovaluta, di commercio transnazionale, di deep web, di mafia asiatica non si può non pensare a Blackhat; mentre Ciudad del Este, la zona di libero scambio del Paraguay, era un’ambientazione prevista per il finale di Miami Vice. Nel film c’è Wainagro (Kevin Gage), serial-killer che nel tempo libero va in giro ad uccidere prostitute, in Heat2 troviamo il suo erede Otis Wardell, ladro che commette una serie di rapine in casa che conclude violentando e uccidendo le vittime. Wardell è un agente del Caos che sa solo scatenare violenza e in differenti momenti diventa un problema sia per Hanna che per McCauley. Il suo arco narrativo contribuisce a legare insieme le diverse linee temporali del romanzo.
Heat 2 ha una carica romantica sorprendente (Chris non riesce a dimenticare la moglie e il figlio che ha abbandonato per salvarsi, McCauley è distrutto dalla perdita della donna amata), nonostante ciò il racconto è teso allo spasmo e l’azione avanza a una velocità incredibile, quasi senza che il lettore se ne renda conto. A questo risultato ha certamente dato il suo contributo Meg Gardiner, si pensi solo A Piccoli sporchi segreti, che si svolge per gran parte sulle strade di San Francisco, con auto che volano dai cavalcavia e gente che si getta da un ponte…McCauley era un criminale analogico, raccoglieva la sua banda, preparava le armi, amava la strada. Chris è un bandito digitale, eppure lo ritroviamo completamete a suo agio nel clamoroso finale che dispiega tutta la sua potenza in autostrada, contromano:”Chris accosta, scende e corre verso l’autostrada, con la SIG dietro la schiena e il fucile H&K lungo la gamba…” Alla strada nessuno può rinunciare perché è dove cade ogni finzione, c’è la verità, lì Hanna si trasforma in un personaggio ambivalente in cerca di redenzione e (forse) d’amore. Michael Mann sta finendo di girare il biopic su Ferrari, il prossimo anno compie 80 anni. Eppure pochi giorni fa ha anunciato che l’adattamento di Heat 2 è in arrivo: “Sarà un film molto grande. Forse il mio film più grande”. Non vediamo l’ora.