La rivoluzione silenziosa di Azar Nafisi: Leggere Lolita a Teheran di Eran Riklis

«Questa è per me Teheran: le assenze sono più reali delle presenze».

Immagini sbiadite, ricordi muti, vuoti silenziosi, fantasmi che rincorrono un’idea di mondo smarrita, frantumata, dissolta. Un sole spento e falso che illumina sogni svaniti nel tempo tenuti in vita dall’immaginazione, dal potere della letteratura capace di risvegliare quella dimensione interiore soffocata dal potere del regime. Libri come rifugio e al tempo stesso come mezzo di eversione pubblica e privata. Esperienza umana che confluisce in quella artistica e rende sensato resistere, appartenere, lottare ma anche condizione che espone al pericolo perché smaschera ogni impulso tirannico, fuori e dentro di noi. Parole, fantasie, storie che rigenerano l’anima facendola respirare, alimentando nuove spinte, suggerendo alternative. A vent’anni dall’uscita dell’omonimo romanzo, attraverso la vicenda della scrittrice iraniana Azar Nafisi, in Leggere Lolita a Teheran Eran Riklis racconta le complessità di un Iran sommerso dalle contraddizioni, suggerendo l’idea di rileggere ancora il capolavoro di Nabokov e riflettere sul potere della parola. Nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini Azar Nafisi ha spiegato la letteratura dell’Occidente a ragazzi e ragazze esposti in maniera sempre crescente alle durezze dell’indottrinamento islamico. Impresa ardua se si pensa che nel frattempo le strade e i campus della capitale si trasformavano in teatro di violenze e l’inasprimento delle condizioni politiche e sociali spingevano la professoressa Nafisi a lasciare l’insegnamento all’Università di Teheran. Tuttavia, animata da una passione contagiosa, la scrittrice e docente ha riunito segretamente a casa sua sette delle sue studentesse più impegnate per leggere dei classici occidentali e far vivere loro un’esperienza di libertà unica e irripetibile: una conquista culturale durante la quale le giovani donne hanno tolto il velo, parlato delle loro speranze più intime, dei loro amori e delle loro delusioni, della loro femminilità e della ricerca di un posto proprio in un mondo sempre più oppressivo in cui si conferma l’assunto che leggere è pericoloso. Sempre e ovunque.

 

 

 

Impianto didascalico, lineare, trasparente, per questo è film chiaro, pulito, con evidente intento politico-educativo; assume spesso un tono predicatorio e assertivo, puntuale nel sentenziare una verità che lascia poco spazio allo spettatore. Scelta che lo rende poco accattivante e penetrante ma raggiungibile perché privo di velleità e rigidità formali. Scoperto e apprezzato grazie a film dialoganti (La sposa siriana, Il giardino dei limoni, Il responsabile delle risorse umane) con l’infiammato contrasto tra i tempi che corrono e un ambiente conservatore Riklis è autore di un cinema incline ad evidenziare scontri e contraddizioni da sempre presenti in corrispondenza di conflitti territoriali e ideologici; sceglie qui di portare sul grande schermo le pagine di un caso letterario che ha permesso all’Occidente di fare i conti con la mancanza di libertà e di tornare a riflettere sul valore dell’emancipazione che si conquista attraverso l’esperienza culturale. Una sottrazione che evita l’enfasi suggerendo sentimenti e visioni del cuore, aderente alla struttura del libro a cui si ispira e all’itinerario personale e interiore della Nafisi, dalla drammatica scoperta di essere vittima di un regime alla consapevolezza del crollo di una speranza nei confronti della propria terra. Si può guardare il film con lo sguardo proiettato sulle suggestioni trasmesse dal carisma di una donna a suo modo capace di essere rivoluzionaria che ha saputo consegnare all’umanità la tenacia di chi ha compreso il valore inestimabile della letteratura. Ma si può anche osservare la presa di coscienza di Azar come un viaggio a ritroso in sentimenti assopiti in cui esplora il senso di una nostalgia inaudita, scandalosa, pericolosa: è la vivace città dei bazar che la scrittrice rimpiange, la città dei negozietti, dei bar e delle pasticcerie, dei sarti e delle gelaterie, dei giardini e delle strade piene di gente senza paura, senza velo e senza guardiani della rivoluzione, delle feste nelle case degli amici, delle conversazioni, delle discussioni, dell’illusione di libertà che si respirava un tempo. L’immersione nelle storie di Nabokov, Fitzgerald, Austen rappresenta un’opportunità di formazione e sovversione: leggere libri vale come atto politico, una conquista di libertà incontrollabile, soprattutto se censurati e incontrati in contesti pericolosi, clandestinamente, significa accogliere l’irrequietezza e il desiderio di conoscenza di cui ci fanno dono. Si conclude negli USA, con la Nafisi che sfoglia la propria creatura, generando così un cortocircuito di aspettative e desideri riferito tanto alle persone della propria terra quanto a un mondo (quello Occidentale) che pur concedendo tutte le libertà sembra averne smarrito il senso profondo, con rigurgiti preoccupanti.