Ripensare il mondo per renderlo migliore: un progetto da niente… Ci provano il dottor Friedrich Ritter (Jude Law) e sua moglie Dora Strauch (Vanessa Kirby) che si rifugiano nell’isola di Floreana, nell’arcipelago delle Galàpagos, in fuga dalla Germania nel 1929. La loro impresa ha una vasta eco e viene pubblicizzata dai giornali tedeschi. Ossessionato da Nietzsche e Schopenhauer, Ritter sta apparentemente lavorando a un manuale per un nuovo stile di vita. La vita della coppia cambia quando, inaspettatamente, arrivano altri sognatori come Margaret (Syndey Sweeney) Heinz Wittmer (Daniel Brühl), che raggiungono l’isola per curare il figlio malato immergendolo nella natura. E la baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn (Ana de Armas) che vuol creare un buen retiro (Hacienda Paradiso) per milionari. Idee diverse, obiettivi lontani, le cose non vanno come dovrebbero: «ogni cosa su quest’isola può uccidere». Dore lo dice a Margaret. Fuggire dall’inferno della guerra (e delle sue rovine), dall’Occidente, dall’umanità che distrugge e si autodistrugge è subito fatto, poi bisogna ricostruire. Sulla carta un grande piano ma ricominciare nella natura incontaminata, con nuove regole non è facile. Scopriremo che uccide l’uomo, perché questo è scritto nella sua natura di animale sociale condannato alla guerra coi suoi simili per egoismi culturali/umani…
Ron Howard ama confrontarsi con storie vere, desidera rileggere, interpretare la realtà, si pensi solo ad Apollo 13, A Beatiful Mind, Cinderella Man – Una ragione per lottare, Rush, Tredici vite. La velleitaria vicenda del dottor Ritter lo ha subito attratto: «Ho incontrato questa storia quindici anni fa durante una vacanza alle Galàpagos e ne sono stato totalmente affascinato. Ho subito pensato che sarebbe potuto benissimo essere un soggetto ideale per Herzog o Terrence Malick. Trovo che l’idea di fuggire dalla società è molto attuale anche oggi, poi mi ha attratto che negli anni Trenta ci fossero persone in fuga che avevano il desiderio di ricominciare da capo». Detto che gli attori sono tutti bravissimi, quello che rimane un po’ incerto sembra lo sguardo umanista di Ron Howard intrappolato nel tentativo di fondere, miscelare, survival movie, thriller, saggio sullo scontro Natura vs Umanità, approccio antropologico. Il film sembra non trovare un punto di equilibrio anche se il regista ha spiegato di avere voluto formulare una ipotesi su un mistero irrisolto, « su otto persone, metà delle quali è morta o scomparsa, attraversate da rabbia, paura e speranze che suonano assolutamente attuali». L’incostanza del risultato non è mitigata nemmeno dal perfetto modo nel quale Ron Howard cattura la bellezza austera di una natura in gran parte incontaminata dall’uomo. Sottotraccia rimane il trionfo dell’istinto, l’esaltazione della memoria ereditaria, la regressione dell’umano nel primordiale. Ci sarebbe voluto più coraggio.