Dragon Hoops di Gene Luen Yang: un dragone a spicchi arancio

«Il basket è l’unico sport che tende al cielo. Per questo è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra…».
Bill Russell

«Se non credi in te stesso, nessuno lo farà per te…».
Kobe Bryant

 

Tavole colorate, dinamiche, spiazzanti e naïf. Il suono perfetto della palla a spicchi schiaffata dentro la retina di un canestro. Le sneaker da basket stridono sul parquet, i giocatori dalle canotte sgargianti e multicolori (come le tute dei supereroi), i gesti atletici a volte ai confini della realtà e della fisica (altra analogia con gli eroi dei fumetti). Questi alcuni dettagli e forse l’essenza del fumetto Dragon Hoops di Gene Luen Yang (ed. Tunué, pag.448, euro24,90). Un concentrato di vita e sport su tavola: catturare il senso di movimento, di suono. L’arte sportiva in tutto il suo slancio atletico e la sua poesia. Ricreare l’impressione della frenesia e della velocità (della luce?) attraverso un’arte che si conosce – ontologicamente – come statica e muta. Yang riesce efficacemente in tutto questo. Visivamente va a canestro grazie a mezzi tecnici impressionanti e spiazzanti (grazie anche ai colori cartoon di Lark Pien). Miscela naïveté e complessità, tavole a tutta pagina (che condensano pochi secondi o mesi in una o poche inquadrature). Da un punto di vista narrativo ha uno sguardo puro, quasi come quello di un bambino, che si accosta alla realtà del basket (non a caso le prime tavole sono dedicate al “sé” ragazzino dell’artista). Al principio, su un campo di basket all’aperto, Yang è più interessato alle libellule che al gioco da playground. Scoprirà la bellezza del Game da adulto in cerca di una nuova storia, dopo anni di successi e in crisi creativa.

 

 

«E se non avessi più storie?» confida alla moglie. Troverà il soggetto per il nuovo racconto a fumetti proprio nella palestra del liceo in cui insegna, la Bishop O’Dowd Highschool, Oakland California (patria di grandi campioni). Coglierà l’epopea incredibile di una squadra di provincia che da decenni arriva al traguardo della finale senza vincere… Un graphic novel in crescendo: rivela la curiosità di capire cosa c’è di bello, interessante e appassionante in qualcosa di oscuro, sconosciuto e misterioso per l’autore dell’opera. Autore che, nonostante lo studio e le ricerche, non ha grande dimestichezza con la terminologia cestistica, molteplici i “perdonabili” errori tecnici in questo senso (per esempio dice «stoppata sul lato debole», quando il “lato debole” è quello senza palla…). Yang, artista americano, genitori taiwanesi, è una superstar del fumetto contemporaneo. Premio Eisner per il graphic novel American Born Chinese, premio Los Angeles Times Book Prize per l’opera Boxers & Saints… Ha pubblicato opere per DC Comics e Dark Horse, ha perfino realizzato una serie su un Superman cinese (Super-Man Kong Kenan, per DC).
Il suo nuovo graphic novel, il corposo Dragon Hoops, è arrivato ora anche in Italia grazie alla casa editrice Tunué.

 

 

Perfetto regalo natalizio, non solo per gli amanti del fumetto, del basket o della letteratura. È un’opera fluviale (oltre 440 pagine), anomala, sentita (con una copertina magnifica). A volte ricorda certi quadri dedicati al basket da Norman Rockwell: ragazzoni alti e goofy, finché non entrano in campo per conquistare la vetta del canestro. Concentrazione, impaccio e fanciullezza si libereranno nel gesto atletico perfetto.
Il Signor Yang annuncia fin dal primo frame della prima tavola del Prologo: «Ho sempre odiato lo sport, da quando sono piccolo… Soprattutto il basket.»
Si ricrederà.
Nel basket, osserva Yang: «Non ci sono buoni o cattivi». Come nella vita.
Grazie Mr. Yang.