Dylan Dog incontra Batman: finalmente il fumetto Bonelli/DC più atteso

A Dylan Dog, si sa, piacciono le coincidenze che tali non sono, i paradossi temporali e i mondi che si incontrano, i viaggi tra la realtà e il sogno, senza dimenticare le zone del crepuscolo dove i progetti impossibili possono diventare realtà. Di sicuro, l’idea di farlo incontrare con Batman non è tale da spaventarlo troppo e infatti, l’aspetto che più colpisce del nuovo cross-over fra gli universi della Sergio Bonelli Editore e della DC Comics è la sua naturalezza. Pochi preamboli, nessuna crisi o scontro di realtà, ma una semplice constatazione di fatto: i due personaggi esistono nello stesso “mondo” da sempre e se è la prima volta che li vediamo affiancati è solo perché finora hanno operato da sponde differenti dell’oceano. Che, se ci pensiamo, è una mossa da perfetto comic americano, un po’ come quando Spider-Man compariva nei fumetti dei Transformers per dare una mano agli Autobot o Godzilla lo gestiva la Marvel e così si imbatteva anche nei proverbiali supereroi. Di sicuro è ben più “dylandoghiano” il fatto che l’operazione, pensata come prima nel piano generale dei team up fra i personaggi delle diverse case editrici, arrivi a noi lettori per ultima, quindi dopo Zagor Flash e Nathan Never Justice League: un paradosso che permette alla vicenda stessa di proporsi ancora una volta in naturalezza, non per raccontare un’epica avventura larger than life in cui magari si rischia la fine del mondo, ma per mettere in scena “soltanto” un divertito incontro/scontro di personalità tra loro abbastanza diverse e dal cui contrasto il fumetto trae forza.

 

 

Dylan Dog è infatti scettico ma pronto ad accettare l’impossibile, laddove Batman persegue la logica. L’uno si affida all’istinto, ha compassione per i mostri ed è poco incline alla violenza ma è anche pronto a farsi lanciare la pistola alla bisogna; l’altro si fa forza di una preparazione sempre meticolosa, è zeppo di gadget ipertecnologici ma non vuole uccidere i nemici. Cosa ancora più importante: i due non sembrano sopportarsi troppo, ma impareranno a collaborare loro malgrado. L’interazione dei caratteri è così affrontata con grande ironia, attraverso battute fulminanti e un ritmo veloce in grado di generare divertimento, senza però scadere mai nella comicità fine a sé stessa, mentre affastella situazioni differenti in discreta quantità, sopra e sotto Londra, fino a Gotham City. La sensazione, comunque, è che il vero valore aggiunto sia dato dai comprimari: il dottor Xabaras e Joker, Groucho e Alfred e poi Catwoman, Killer Croc, John Costantine, l’Ispettore Bloch e il Commissario Gordon e non proseguiamo per non rivelare troppo. Ciascuno di loro non ha solamente il suo momento sotto i riflettori, ma finisce ben presto per imporre inaspettate torsioni al racconto, operando sottili variazioni alla continuity già nota o addirittura spostando il tutto su piani ultraterreni, sempre con la naturalezza con cui Roberto Recchioni (che si occupa delle sceneggiature) ama giocare con gli opposti.

 

 

Può dunque accadere che gli stessi (anti)eroi in alcune parti finiscano in ombra o scompaiano del tutto dall’azione, mentre i nemici si alternano e le situazioni cambiano all’improvviso: perché più che all’incontro dei singoli personaggi, a Dylan Dog Batman interessa mettere in scena mondi. Che sono dei mosaici cromatici, giocati fra le luci delle città, le ombre degli interni o degli spazi chiusi, le tinte acide che collegano il Joker al siero di Xabaras, fino ai rossi sparati del fuoco dell’Inferno o alle psichedelie del Paradiso. Punto di forza della narrazione diventa così lo stile impresso dai disegni di Werther Dell’Edera (per le matite) e Gigi Cavenago (alle chine), che imprimono a una storia tutto sommato semplice un surplus immaginifico e vitale, che stilizza le figure in autentici lavori di geometria dei corpi – qualcuno ha citato la sintesi di Mike Mignola e non è un paragone troppo lontano dal vero – e di spazi che reinventano continuamente la scansione delle vignette, creando un efficace equilibrio tra la gabbia bonelliana e lo stile più libero dei comic americani. Fra tavole più regolari e disegni a tutta pagina, va così in scena un piccolo spettacolo dell’arte sequenziale, sintetizzato dalle efficaci copertine, sempre di Cavenago. Il piccolo fumetto diventa così un’opera più grande, che conclude tutto sommato efficacemente questa stagione degli “incontri”, mentre l’azione si sposta dall’edicola – dove è stato proposto in tre parti formato albetto, cui va aggiunto il numero 0 uscito in precedenza – e le librerie per l’edizione cartonata in arrivo il prossimo autunno.