Occupied: quando la finzione supera la realtà

812Norvegia, in un futuro non molto lontano, Jesper Berg, ecologista convinto, diventa Primo ministro e il giorno del suo insediamento annuncia in conferenza stampa l’abbandono dello sfruttamento di gas e petrolio, responsabili della crisi climatica, a favore di un’energia alternativa derivata dal torio. Gli Stati Uniti, autonomi dal punto di vista energetico e usciti dalla NATO (rapporto che vuole ripensare nella realtà anche Donald Trump), si disinteressano della questione, ma l’Europa non accetta di buon grado la decisione e appoggia la Russia che “occupa” di fatto il Paese per rilanciare lo sfruttamento dei pozzi petroliferi. Nessuna invasione militare, l’ordine costituito non è perturbato, ma in poche ore Oslo e le sue province si trovano poste sotto tutela. Il grande dilemma con cui devono confrontarsi politici, giornalisti e cittadini diventa una questione etica: bisogna resistere o collaborare con gli occupanti? È questo lo scenario distopico che fa da sfondo alla serie norvegese Okkupert (Occupied), ideata dal maestro del thriller scandinavo Jo Nesbø, che l’ha scritta insieme a Erik Skjoldbjærg (già regista, nel 1997, di Insomnia, poi oggetto di remake a opera di Christopher Nolan, oltre che dei primi due episodi della serie) e di Karianne Lund. Coprodotta dalla tv norvegese e da ARTE France, è disponibile su Netflix (all’estero, da noi è inedito) e comprende 10 episodi, della durata di 45 minuti ognuno, che si svolgono da aprile a dicembre.

0813
Un thriller geo-politico che ancor prima della sua messa in onda – nell’ottobre 2015 – ha causato un incidente diplomatico con la Russia. Attraverso la sua ambasciata a Oslo, il Cremlino ha deprecato un programma che «cerca di spaventare i telespettatori con una minaccia inesistente proveniente dall’Est, nella peggiore tradizione della Guerra Fredda». Lo stesso Nesbø ha tenuto a precisare che l’idea risale addirittura al 2008 e che nulla ha a che vedere con l’invasione russa dell’Ucraina. La serie esplora i peggiori scenari possibili: dal rapimento lampo del Premier per convincerlo a rientrare nei ranghi, cosa che si verifica attraverso l’affiancamento di cosiddetti “consiglieri” russi, al rimpatrio di un rifugiato ceceno, colpevole di aver causato la morte di un russo; dalle domande scomode del giornalista Thom815as Eriksen che arriva a mettere a repentaglio la sua vita, ai metodi poco ortodossi messi in atto da Hans Martin Djupvik, membro della sicurezza del Premier che stringe un accordo con i nemici per sgominare la rete di resistenza Free Norway, fino all’intervento del re. È la serie più costosa e più vista in Norvegia e fin da subito si è parlato della seconda stagione. Paragonata a Homeland per il suo legame con l’attualità politica, non solo mette al centro le trasformazioni climatiche con le devastazioni che ne derivano, ma focalizzandosi sugli “occupati” più che sugli “occupanti”, rievoca la Storia norvegese e in particolare il governo collaborazionista di Vidkun Quisling che, tra il 1942 e il 1945, fu un fantoccio nelle mani dei nazisti costringendo all’esilio in Gran Bretagna il re dopo averlo esautorato e impedendo agli ebrei in fuga di stabilirsi in Norvegia. È stato ancora Jo Nesbø a sottolineare che «l’Occupazione durante la Seconda guerra mondiale è presente in molti miei romanzi. […] nel 1940, quando la Germania ha invaso il nostro Paese, la maggior parte delle persone hanno abbassato la testa e cooperato. Avevano scelto il pragmatismo. Mi sono spesso chiesto cosa avrei fatto, cosa avrebbe fatto la mia generazione, nel 1940». La risposta è nella serie che ha ideato.