Oggetti narrativi non identificati: Dura-Lande di Marta Palvarini e Vermis di Plastiboo

Anno 2051. La Poliorcesi, una guerra globale fra le multinazionale, devasta il pianeta terra facendo a pezzi la civiltà umana e degradando l’ecosistema ai limiti dell’abitabilità. Circa tre secoli dopo, nel Mar Mediterraneo il territorio denominato Dura-Lande è un mosaico di signorie, microstati aziendali e terre di nessuno abitate da mutanti in cui gli interessi delle singole fazioni si scontrano con movimenti di resistenza eterogenei quanto spregiudicati. Altrove, in una dimensione senza nome, eroi deformi che sembrano partoriti dalla mente di un Mervyn Peake in pieno bad trip attraversano una terra fatta di creature deformi e divinità ctonie, fatto di nebbia e di labirinti sotterranei. Queste due storie sono contenute nei volumi Dura-Lande. Guida alle meraviglie del postcapitalismo (Becco Giallo, pag.144, euro 20) un’ambientazione polifunzionale per diversi giochi dotata di autonomia narrativa, e Vermis, la guida a un videogioco che non esiste. Ciò che accomuna i due libri e che li rende interessanti è l’uso di un mezzo, quello della guida, idealmente un supporto, un complemento derivato da un prodotto madre, con finalità narrative in prima istanza. Sia Vermis (per info: hollow-press.net) sia Dura-Lande, anche se quest’ultimo trova a tutti gli effetti un’applicazione in diversi contesti fra cui un gioco di ruolo e un ottimo doppio libro game, Favelle Orbitali, partono dalla pratica postmoderna della narrazione attraverso altri media, inusuali. Ambedue i libri, infatti, si distaccano dalla loro funzione primariamente strumentale per dar vita a una narrazione costruita interamente sul world building, una pratica sicuramente avanzata che sposta il peso del racconto dalla sequenzialità all’esposizione trovando un espediente per non rendere l’operazione didascalica, grazie a un uso molto intelligente dello stile e dell’estetica. (In apertura un’immagine tratta da Favelle Orbitali).

 

 

In Dura-Lande la voce narrante di Marta Palvarini, divisa tra i personaggi di un’antropologa e di un movimento di resistenza che s’intromette nella narrazione con vere e proprie incursioni pirata, si avvale del supporto di Officina Infernale che dà al volume un’identità estetica acida, graffiante e con un forte gusto punk nel rappresentare un mondo a metà strada tra il post apocalittico e il rinascimentale. Chi scrive ha giocato il libro game dopo aver letto il volume con l’ambientazione e può assicurare che l’influenza si sente eccome, al punto che il rischio di giocarlo da solo è di perdersi qualcosa del mondo delle Clade nell’Italia del futuro. Al contrario, si può leggere Dura-Lande e goderne come di un racconto di fantascienza compiuto, perfettamente in grado di reggersi sulle sue gambe ma, perché no, aperto ad approfondimenti in diverse forme, non ci starebbero male per esempio un fumetto o un’antologia di racconti.

 

 

 

Vermis, dal canto suo, porta all’estremo le conseguenze della propria scelta narrativa nella più totale assenza di prodotti correlati a cui appoggiarsi, per compensare eventuali debolezze narrative, come strumento complementare. Il videogioco anni ’80 di cui si finge scenicamente la guida non esiste e non è in progetto e gli unici pixel che si vedono sono quelli delle splendide, azzeccatissime illustrazioni che ne accompagnano i testi enigmatici e inquietanti. Il punto è che di debolezze da compensare non ce ne sono. L’atmosfera di Vermis è potente, inquietante, quasi palpabile nel dar corpo a una narrazione che esiste per lo più nel non detto, piena di coni d’ombra che il lettore è chiamato a riempire per conto proprio. I due progetti sono diversi tra loro, Dura-Lande è uno snodo importante di un progetto cross mediale mentre Vermis, al momento, è una sperimentazione a sé stante, ma ambedue sono frutto di un fermento che porta a smontare i meccanismi della narrazione per ridefinirne mezzi e possibilità, partendo da una concezione forse non più avanzata, ma non certo del tutto esaurita.