Man from Tokyo – Inseguendo le medaglie

In queste Olimpiadi tutte particolari, anche i giornalisti devono crederci. L’obbligo di indicare entro le 16 del giorno prima le gare che si intendono seguire, oltre alle distanze rilevanti tra alcuni impianti e la necessità di utilizzare soltanto le navette messe a disposizione dell’organizzazione ci impediscono infatti di praticare il nostro sport preferito: la rincorsa all’oro. Eccezion fatta per quelli di Gazzetta dello Sport, Corriere delle Sera e Repubblica, che, essendo una decina per testata, si dividono preventivamente gli sport da seguire, la giornata tipo degli inviati solitari o al massimo con un altro paio di colleghi, consiste in un ininterrotto inseguimento alle medaglie. Con qualche limitazione, ovviamente. Se segui la vela, fai soltanto quello, visto che le regate si svolgono anche a centinaia di chilometri dalla sede dei Giochi; se scegli la prova su strada di ciclismo sei in ballo dalla mattina alla sera, un po’ per la durata della gara, molto perché i circuiti sono spesso ricavati in zone di particolare suggestione, come la Grande Muraglia a Pechino, il Fujiyama ieri, ma lontane dagli impianti. Per il resto, si seguono l’istinto, i pronostici e l’evolversi dei risultati. Questo, come detto, fino alla precedente edizione. La prova provata è fornita dal numero esiguo di giornalisti italiani che hanno seguito dal vivo la vittoria di Dell’Aquila nel taekwondo categoria 58 chili che ha portato il primo oro. (A proposito: l’obiettivo non dichiarato per scaramanzia ma comunque sussurrato é di almeno trenta medaglia, dieci delle quali del metallo più prezioso). Niente a che vedere con la truppa che a Londra aveva assistito al trionfo di Molfetta nella medesima disciplina, facendo esclamare al diretto interessato, abituato a gareggiare davanti ai parenti stretti, un indimenticabile: crescete e moltiplicatevi. (In apertura un’immagine di Vito Dell’Aquila).

 


No, ieri a vedere dal vivo l’impresa del ventenne brindisino di Masagne (la cerimonia inaugurale serve per imparare i nomi delle nuove nazioni, il medagliere a conoscere quelli dei piccoli centri italiani) c’erano soltanto quelli che avevano creduto nel suo successo, prenotando per tempo un sabato sera alla Makuhari Messe Hall. Chapeau.
Il minimo che possa capitare a Tokyo é di conoscere dei giapponesi. Ed è quanto accaduto l’altro giorno, pur senza regalare le emozioni del duo uzbeko. Ero in coda con il collega Mario per entrare nello stadio Olimpico. Il percorso era delimitato da transenne alle quali si accalcava una folla che i giornalisti di un tempo avrebbero definito in delirio. Avremo davanti un giornalista famoso, probabilmente un televisivo, ci dicevamo. Pochi passi e abbiamo raggiunto un uomo elegante che si prestava di buon grado ai selfie di rito incalzato da una folla pazzesca, come direbbero i colleghi più giovani. Deve essere un personaggio popolare (importante, avrebbero scritto tutti), ma chi sarà? Who are you? Se n’è così uscito Mario con fare vagamente poliziesco. I’m an actor, la risposta pronta e sorridente. Immediata la richiesta di foto e soprattutto del nome. Non facile da capire, ancor meno da scrivere, considerando anche la marea vociante che lo reclamava. Mentre io cercavo di defilarmi, il mio amico e collega, implacabile, chiedeva a più riprese lo spelling, incurante dei fan che cominciavano a spazientirsi per il fuoriprogramma. Visibilmente divertito, Kôtarô Koizumi, perché è di lui che stiamo parlando, ha pazientemente scandito le sue generalità e poi salutato con immeritato calore. Anche se state consultando un sito che si occupa prevalentemente di cinema, penso di non fare torto a nessuno specificando che ha 43 anni, ha vinto dieci milioni di yen (immagino devoluti in beneficienza) in una puntata speciale di “Chi vuol essere milionario?”, é diventato celebre grazie alla partecipazione a diverse serie televisive ed ha all’attivo otto film. Incidentalmente è il figlio maggiore di Junichiro Koizumi, primo ministro dal 2001 al 2006, dunque per cinque anni, periodo sufficiente per collocarlo al sesto posto della classifica per lunghezza di mandato. Forse non ci crederete, ma nella storia della Repubblica italiana sarebbe in testa.

 

Kôtarô Koizumi