Alle Giornate del Cinema Muto gli italiani a Hollywood: Beauty’s Worth di Robert Vignola

Vi sono oggetti che come pezzi di antiquariato possono suscitare fascinazioni, vivere di altra luce, perché vogliamo immaginarci quali vite li hanno attraversati. Uno di questi è Beauty’s Worth (USA 1922) di Robert Vignola, presentato a Sacile nella serata di pre-apertura delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, anche se vedendolo ci sembra di fargli un torto e dovremmo essere chiamati a giudicarne semplicemente le sue proprie qualità. Diverso quando l’interesse si fa anche storico, perché qui ci troviamo di fronte a diverse “storie”, alcune note, straordinarie e cariche di quesiti ancora irrisolti, e una ancora da scrivere, ma altrettanto misteriosa. Quella di Robert Vignola, e di perché sia stato quasi rimosso dalla storiografia del cinema americano, anche le più rigorose, come si chiede la ricercatrice e storica del cinema Giuliana Muscio nel documentario Robert Vignola – Da Trivigno a Hollywood presentato il 13 ottobre, nella giornata di chiusura della manifestazione. Qualità e quantità della sua produzione non danno ragione di ciò. A farci sognare storie impossibili è il suo stretto rapporto professionale con William Randolph Hearst, il magnate della stampa di cui ci racconta Orson Welles in Citizen Kane (Quarto Potere, USA 1941). Il film di Welles, nel personaggio della seconda moglie di Kane, prende di mira in particolare l’attrice lanciata da Hearst, Marion Davies, sua amante “ufficiale” (la moglie a New York e con lei a Hollywood), e per la quale Hearst aveva fondato una casa di produzione, la Cosmopolitan Pictures, impegnando i suoi giornali in gigantesche, ma infruttuose, campagne promozionali. Almeno questo il racconto che lo stesso film di Welles ha contribuito a creare. Lo studio del rapporto di Hearst con Vignola, e il contributo da lui dato al successo di Marion Davies, forse può aiutare a chiarire anche questi aspetti, ma è impossibile resistere alla tentazione di trovare traccia di questi eccessi e misteri hollywoodiani anche in Beauty’s Worth, il secondo film in cui il regista la dirige, dopo diversi insuccessi. In apertura un’immagine tratta da Beauty’s Worth.

 

Robert Vignola,con alle spalle una corposa esperienza di attore teatrale e con oltre settanta film, nel 1921, da lui già diretti in soli dieci anni (ne realizzerà più di un centinaio), riesce a valorizzare Marion Davies, probabilmente vittima sino a quel momento delle ingerenze di Hearst, nell’imposizione di soggetti e ruoli drammatici o da eroina, per lei non idonei. Il film fa un feroce ritratto di alcuni danarosi clubman e delle donne al loro seguito. Come non pensare alle famose feste nel Castello Hearst di San Simeona cui accorreva tutta Hollywood? La giovane quacchera interpretata dalla Davies è considerata brutta e goffa, oltre ovviamente che inadatta allo jet set. A scoprirne non solo la bellezza nascosta, ma anche le qualità di ballerina è un pittore, un vero artista che frequenta quel mondo solo perché in quei club trova chi compra le sue opere. Quando in uno gioco di società viene portata ad esibirsi in alcuni quadri viventi sono tutti pronti a ridere di lei, ma lei rieducata e rimessa a nuovo anche nel guardaroba dal pittore ormai invaghitosi di lei, li lascia invece a bocca aperta. Anche qui, una coincidenza con la biografia della Davis, scoperta da Hearst per averla vista diciannovenne in un balletto? Ma chi aveva saputo valorizzarla se non Vignola? A chi dobbiamo pensare per il personaggio del pittore, ad Hearst o a Vignola? Le gelosie del secondo sono famose, non ultimo il mistero sulla morte del produttore cinematografico Thomas H. Ince, di cui si racconta che venne colpito da un proiettile destinato in realtà a Chaplin, di cui Hearst sospettava una relazione con Marion Davies. Così viene anche di pensare che Hearst, prima legatissimo a Vignola, sia diventato geloso di lui. E le scene stesse dei tre quadri viventi, sicuramente tra le più belle del cinema muto americano e non solo, si presentano purtroppo di qualità inferiore al restauro, quasi provenissero da fondi diversi. Scene tagliate? Per gelosia o per farne un uso autonomo?

Diretta da Vignola in cinque film, dal 1921 al 1924, Marion Davies passerà successivamente alla MGM nelle mani di King Vidor per interpretazioni di grande successo. Un passaggio di mano che ha sicuramente in Robert Vignola il primo a capirne le qualità da mettere in gioco. Hearst aveva in Vignola il suo regista di punta, perché la sua abilità nel dirigere gli attori era nota e a quel tempo, nel cinema muto anche una rarità. Grazie all’appoggio del suo produttore lui poteva permettersi di far ripetere le scene sino a diciasette volte, portando con la ripetizione gli attori a una spontaneità dei gesti, così acquisiti. Una pratica che solo in seguito sarà prima ripresa da altri grandi registi hollywoodiani e poi diventata quasi la norma nella direzione degli attori. Questa non era l’unica qualità di Vignola. Sarà lui a spostare la Davies su ruoli da commedia e a regalarle i primi successi in film, per altro, estremamente costosi e curati. Il lavoro già avviato dai produttori tedeschi di creazione di un pubblico viene capito facilmente da Hearst. Possedendo giornali lui può facilmente utilizzarli per le campagne di lancio, e a questo affianca le riviste specializzate, sul modello delle riviste di moda o utilizzando anche queste. Per i soggetti, come in Europa, si orienta su opere letterarie molto note, con film in costume e grandi scenografie. Alle esperienze teatrali di Vignola affianca quelle di Joseph Urban, abilissimo con i giochi di luce e gli effetti, quali i voli d’angelo. Non è un caso che il Teatro stesso nei film di Vignola diventa elemento utile alle svolte narrative, in piena tradizione shakespeariana e figurando in questo già quel processo d’identificazione personaggio spettatore, su cui si costruirà il codice del cinema classico. Accade così che la regiadi Vignola e le scenografie di Urban s’incontrino alla perfezione. In Beauty’s Worth la macchina da presa viene usata con grandissima padronanza, costruendo una alternanza di piani sempre capace di rendere al meglio le dinamiche tra i personaggi, le loro tensioni, il non detto, la gerarchia del racconto. Oltre al decoupage da cinema già classico, ci offre sempre una grande profondità nei campi lunghi e medi, con quinte, scene di ambientazione in secondo se non terzo piano, usando usci, finestre, paesaggi, ma anche riflessi ed ombre dietro di vetri o sulle pareti. Ci piacerebbe veder confermare tutto questo in altri film da ritrovare, restaurare e riportare alle luce, speriamo presto nelle prossime edizioni delle Giornate del Cinema Muto. Per ora ce ne danno una preziosa testimonianza, insieme a Giuliana Muscio (autrice di preziose ricerche sugli italiani a Hollywood e sul cinema muto napoletano esportato a New York), anche storici statunitensi come Kevin Brownlow e Richard Koszarski, insieme a documenti d’archivio e rari filmati. Una ricerca avviatasi grazie all’iniziativa di Michele Carmelo Marino, sindaco dal 2014 di Trivigno, in provincia di Potenza, paese d’origine in cui Vignola ritornò in visita, nel pieno della sua carriera, per farci costruire un costoso monumento ai caduti della guerra. La curiosità su chi fosse questo conterraneo ha messo in moto non solo il sindaco ma anche una giovane associazione, la Effenove di Potenza, che ha validamente affiancato Giuliana Muscio e prodotto il documentario. Anche in Basilicata si nasconde, forse, una Rosabella. Magari in un paese poco distante da Trivigno, nella Cineteca Lucana, uno dei più grandi giacimenti di patrimoni cinematografici d’Italia, e che aspetta ancora di ricevere la giusta attenzione degli enti pubblici e non riesce per questo nemmeno a catalogare il posseduto, né tantomeno a poterlo lavorare per la conservazione e la diffusione. Possiamo limitarci per ora, come il giornalista di Citizen Kane, a metterci sulle tracce della nostra Rosabella, andando a Matera nella seconda metà di novembre del 2018, per vedere Beauty’s Worth, proiettato nuovamente nel quadro della manifestazioni di Matera2019 capitale della cultura. Il film sarà accompagnato dalla Zerorchestra di Pordenone, un contributo non da poco delle Giornate del Cinema Muto. Altre repliche, sempre con la Zerorchestra, sono previste nella primavera del 2019, nella piazza di Trivigno. Lo spettacolo è garantito.