La vicenda sportiva di Marco Pantani è nota a tutti. Anche a chi non segue il ciclismo. Il campione di Cesenatico, osannato dai commentatori sportivi (Gianni Mura inventò per lui una decina di soprannomi, da l’Uomo proiettile al Bambino vecchio, passando per il Pelato prodigioso, Superman della iella a Pantadattilo, fino a quando diventò per tutti semplicemente il Pirata a causa della bandana che indossava sempre per proteggersi dal sole) venne rinvenuto cadavere il 14 febbraio 2004 nel residence Le rose di Rimini. Overdose, si disse, e le indagini vennero chiuse in fretta e furia nonostante i molti dubbi intorno alla sua morte (solo lo scorso agosto, a distanza di dieci anni, la procura di Rimini ha riaperto l’indagine per omicidio volontario a carico di ignoti).
Il declino di Pantani, in realtà, ha una data di inizio e un luogo: il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio quando il sicuro vincitore del Giro d’Italia viene fermato per i valori alti dell’ematocrito (una misura che nasce come cautelativa per la salute dello sportivo, ma si trasforma in una prova, agli occhi dell’opinione pubblica, dell’utilizzo di sostanze dopanti da parte di Pantani, nonostante non ci sia nessun esame medico a confermarlo). Da quel momento parte, contro di lui, un accanimento mediatico e giudiziario che non si fermerà più. Una parabola al contrario per cui nel giro di pochi giorni Pantani finisce nel fango.
Marco Martinelli ha lavorato a Pantani quasi tre anni (lo spettacolo che gli ha fatto vincere il premio Ubu per la drammaturgia, ha debuttato a Ravenna il 16 novembre 2012, ma fortunatamente continua a girare per l’Italia e l’Europa), leggendo, documentandosi, parlando con chi lo aveva conosciuto e in particolare la famiglia di Marco, che ha condiviso racconti e concesso le foto di Marco bambino e alcuni dei filmati che si vedono nello spettacolo. Un rito della memoria che riporta in primo piano la vicenda sportiva, ma soprattutto umana di Marco Pantani, attraverso la testimonianza della madre Tonina (una straordinaria Ermanna Montanari, che per questa interpretazione si è aggiudicata il premio Eleonora Duse 2013), del padre Paolo (Luigi Dadina), della sorella Manola (Michela Marangoni), del giornalista francese suo amico (Francesco Mormino), oltre a una serie di compagni di squadra, amici, dirigenti sportivi, medici (interpretati, di volta in volta, da Roberto Magnani, Alessandro Argnani, Laura Redaelli), e un video con l’intervento di Pino Roncucci, lo storico direttore sportivo che scoprì Pantani.
È teatro di inchiesta e di denuncia che sviscera una vicenda su cui ancora non è stata fatta chiarezza. Ma è anche una vera e propria tragedia greca (con l’assenza del protagonista di cui si cantano le gesta e un coro che interviene a dare il ritmo delle scene narrando la genealogia del campione, quasi fosse un dio dell’Olimpo, o ad accompagnarlo nelle salite e che canta canzoni in dialetto romagnolo), in cui si percepiscono echi shakespeariani (l’invidia tra i ciclisti per il campione che vince sempre). Una storia che ci invita a riflettere sulla nostra Storia recente (come sottolineano le immagini delle vicende e dei volti della Seconda Repubblica, che identifica il suo maître à penser in Umberto Smaila con la sua trasmissione Colpo grosso, il primo sexy-varietà della tv italiana) e allude, come scrive Martinelli nella nota che accompagna il testo (edito da Green Room), «ai pantani della Repubblica, a questi ultimi venti-trent’anni della società italiana, al suo progressivo sprofondare nella dittatura dei media, nell’idolatria del denaro e del successo a tutti i costi, della prevalenza dell’apparire sull’essere, nell’impotenza e nella corruzione delle istituzioni politiche». Un’esperienza emotivamente forte, a cui il pubblico partecipa in maniera coinvolta e commossa, con attori impeccabili. Ermanna Montanari dà corpo e voce a una madre-leonessa, riuscendo ad andare in una direzione antinaturalistica grazie a una recitazione poetica che non rispetta la punteggiatura, ma si fa canto dolente che ipnotizza lo spettatore.
Uno spettacolo necessario, che ha chiuso le repliche per la stagione 2014-2015 al Teatro Due di Parma, ma che l’anno prossimo sarà nuovamente in tournée.