Intervista ad Anastasia Plazzotta, responsabile della Wanted, nuovo soggetto di distribuzione indipendente, che ha portato in Italia da Fela Kuti a Dior and I, da Bansky Does New York a The Wolfpack (di recente premio Camera d’oro alla Festa del cinema di Roma, sezione Alice nelle Città). Mentre è al Torino Film Festival 2015 (sezione After Hours) che Wanted lancia il suo nuovo titolo, The Nightmare di Rodney Ascher.
Perché hai scelto di distribuire The Nightmare, un documentario sugli effetti orrorifici della “paralisi del sonno”?
Il regista Rodney Ascher è una vecchia conoscenza: per Feltrinelli Real Cinema avevo acquisito il suo Room 237, sulle interpretazioni di Shining di Stanley Kubrick, dopo averlo visto a Cannes. L’avevo trovato geniale e mi sono fidata a scatola chiusa del suo secondo progetto, tanto da comprarlo quand’era ancora in fase di sviluppo e non era stato girato ancora nulla. La storia di The Nightmare mi è parsa ancora una volta strabiliante, curiosa, ed ero sicura che l’approccio e lo sguardo sarebbero stati originali. Ci piacciono i registi e i film imprevedibili, fuori dagli schemi, e nel catalogo Wanted questo stava a pennello.
Perché proporlo al Torino Film Festival?
Perché Torino è un festival da sempre coraggioso, che dà molto spazio alla ricerca e alla sperimentazione tra linguaggi. The Nightmare è un ibrido tra documentario e finzione, e c’è anche dell’horror; è stato già definito “il primo horror documentario di sempre”. Quindi il TFF è perfetto per The Nightmare e viceversa.
Cos’è Wanted?
Una società di distribuzione completamente indipendente – al punto da non avere agenti regionali – che cerca sale e spazi alternativi attaccandosi al telefono e chiamando senza sosta, sperando di sedurre i propri interlocutori “solo” con la qualità dei titoli proposti e trasmettendo la propria passione. Poche sono le sale italiane veramente indipendenti. Che si possono permettere cioè di scegliere i film sulla base del proprio gusto personale e cercando di intercettare i gusti del proprio bacino di utenza. Noi lavoriamo con quelle e poi cerchiamo spazi alternativi. Molti, moltissimi stanno aprendo perché evidentemente la nostra idea di fruizione del cinema come “happening” è condivisa. Non c’è nessuna ambizione di mettersi in competizione con gli storici distributori d’essai italiani, non vogliamo diventare i Bim o i Lucky Red del documentario, per capirci, ma difendere sempre orgogliosamente la libertà che ci permette di fare delle scelte spesso audaci. Ci piace rimanere nell’incavo che abbiamo individuato, nello spazio che ci siamo ricavati. Ci piace essere alternativi, frequentare l’underground.
Quindi avete ancora fiducia nella sala.
Sì, “sala” in senso ampio, intesa come luogo d’aggregazione e condivisione dei propri interessi attorno al cinema. Raccogliamo la sfida di portare i giovani in sala. Si dice “i ragazzi scaricano tutto”, ma non è vero. Vogliono stare insieme e anche il cinema può e deve diventare un’occasione di socialità. Quest’estate abbiamo fatto l’esperienza di una rassegna di anteprime al Magnolia (circolo culturale e palco musicale alle porte di Milano), che ci ha dimostrato che se l’ambiente è accogliente e il pubblico più giovane può bere, mangiare, socializzare, partecipare a un evento, esce di casa eccome. E non è l’unica esperienza recente di successo. In un momento storico in cui sempre più siamo dipendenti dalla rete, sempre più crescerà l’esigenza di creare occasioni di socializzazione, di incontro.
Cosa ti ha spinto a creare Wanted?
Sono quindici anni che mi occupo di cinema documentario, un “genere” che all’estero ha la stessa dignità del cinema di finzione e “frequenta” da sempre le sale. In Italia ha sempre spaventato il pubblico. Pian piano le cose stanno cambiando anche da noi e la gente comincia a capire che anche il documentario racconta storie spesso più entusiasmanti di quelle sceneggiate, che ha una costruzione drammatica, una linea narrativa, che sa ricreare suspence grazie a un esperto e raffinato lavoro di montaggio. Insomma non significa solo National Geographic o “presa diretta”. Credo che Man On Wire (di James Marsh, Oscar 2006, sull’impresa del funambolo Philippe Petit) o The Imposter di Bart Layton (2012) che ho portato in Italia per Feltrinelli Real Cinema abbiano dato il loro contributo nel dare evidenza di come il genere offra al regista mille possibilità. Il documentario è il regno della libertà assoluta, è imprevisto, è sorpresa ma anche rigore… insomma: è entusiasmante!
Che relazione esiste tra Real Cinema e Wanted?
Wanted collabora in modo attivo con la collana Feltrinelli Real Cinema – di cui sono editor – che mette sul mercato otto/dieci titoli dvd all’anno. Wanted li distribuisce in sala e gestisce i diritti theatrical della library di titoli acquisiti negli ultimi dieci anni. Alcuni esempi sono Alla ricerca di Vivian Maier di John Maloof – che riporteremo ora al cinema a Milano, in occasione dell’ apertura della mostra di fotografie – e i nuovissimi Marlene Kuntz – complimenti per la festa (premiere al prossimo Festival dei Popoli di Firenze), Numero Zero: alle radici del rap italiano di Enrico Bisi, Peggy Guggenheim: Art Addict di Lisa Immordino Vreeland.
Solo documentari, quindi?
La ricerca della nicchia nasce dalla decisione di lavorare molto sui documentari, ma non è una scelta drastica e rigida. Wanted nasce anche perché in Italia arriva molto poco, rispetto a quello che viene prodotto e distribuito all’estero ed è giusto che non solo chi frequenta i festival internazionali possa godere e vedere dei piccoli/grandi capolavori dimenticati magari perché troppo audaci o troppo poco commerciali, di ricerca e denuncia… clandestini, (“cinema ricercato” , nelle varie accezioni del termine, è l’hashtag che Wanted ha adottato come proprio).
Agli Incontri di Mantova FICE Cinema D’essai di ottobre avete presentato la line up 2015/2016.
Un listino per tutti i gusti, con molti titoli, di cui The Wolfpack è quello di punta, ma anche Banksy Does New York, che sta continuando a girare a distanza di due mesi dall’uscita ufficiale. Lo si ripropone perché i temi sono universali, non legati all’attualità, caratteristica di tutti i nostri titoli. “Approfondimento” è per noi una parola chiave. Selezioniamo film che ti cambino, almeno un po’, che suscitino dibattito, che stimolino ricerca, creatività. Che, finita la proiezione, ti mettano voglia di saperne di più. Che non siano solo evasione pura, insomma. Da Fela Kuti il potere della musica del premio Oscar Alex Gibney a Station to Station del Leone d’Oro alla Biennale d’Arte Doug Aitken, a Green Prince di Nadav Schirman, premio del pubblico al Sundance, a Dior and I di Frédéric Tcheng. Più che un listino, è una costellazione.
Puoi spiegare meglio come si realizza nella pratica la vostra offerta?
Cerchiamo di andare sempre più nella direzione del cinema on demand, proponiamo la nostra selezione di titoli dove e a chi pensiamo possano interessare suggerendo possibili partner e sinergie sul territorio perché la programmazione o l’evento abbiano successo. Poi, spesso in sala alle nostre proiezioni c’è l’esperto, o la chiamata Skype con il regista: tutto per creare un’occasione di socialità, condividere, aprire una discussione con qualcuno che sia interessato a quel tema. Sosteniamo le proiezioni con la promozione sui social network. Vorremmo svincolarci sempre di più dalla “data di uscita”, che certo indichiamo anche noi ma che non vogliamo obblighi né noi né gli esercenti a programmare il film a partire dal giorno “x”. Diciamo no alla “schiavitù del primo week end” (ovvero: se un film non funziona il primo week end di uscita, l’esercente spesso lo smonta, lasciando il posto ad altre pellicole). I film così hanno vita breve, scompaiono dopo una fiammata. E gli esercenti che gestiscono una multisala? Come fanno a scegliere un documentario se hanno Hunger Games a disposizione che garantisce un incasso importante? Preferisco programmino il nostro film 15 giorni dopo la sua uscita ufficiale ma che ci dedichino cura, energia, cercando di coinvolgere il territorio. Meglio tre proiezioni sold out che venti mezze vuote, insomma. Chasing Ice, un film di Orlowski, ad esempio è sempre un’ottima occasione di riflessione sul cambiamento climatico; un film avvincente, con una grande fotografia e una colonna sonora da Oscar. Sono anni che gira e noi continuiamo e continueremo a proporlo negli anni che verranno, perché è importante che i film siano sempre disponibili e a “portata di mano” dell’esercente e del pubblico. Per questo aderiamo sempre con entusiasmo a progetti come Movieday (nuova piattaforma digitale di cinema a richiesta) e il Cinema On Demand di Open Sky, dove già si trova una prima selezione dei nostri film.
L’attivita di Wanted è iniziata a novembre 2014, a Milano. Che verifiche hai avuto, scavalcato il primo anno di attività?
La sensazione è quella di essere sulla strada giusta, che esista un pubblico, non immenso, ma il pubblico che ci aspettavamo ci fosse. Naturalmente vogliamo che cresca ma la risposta è più interessante e più veloce del previsto. Sulla pagina facebook siamo ancora pochi ma buoni! L’obiettivo è creare attorno a noi una piccola/grande comunità attiva (non compriamo i like e mai li compreremo, ogni follower ci deve credere davvero) che riconosca la nostra passione ed entusiasmo, appoggi le nostre scelte, si fidi e ci segua, condivida e suggerisca. Già per la verità mi arrivano molti suggerimenti riguardo a tanti titoli che gli utenti vorrebbero vedere in Italia. E ovviamente mi fa piacere. Il prossimo progetto che coinvolge i nostri amici della rete è una sorta di concorso per cortometraggi. Il corto vincitore verrà proiettato in sala, in testa ai nostri film.
Wanted non è solo una nuova distribuzione, ma anche un’associazione culturale, Project W.
Sì, un’associazione tutta al femminile, W in questo caso sta per Women. Siamo sei socie con profili diversi, dall’architettura, alla letteratura, al cinema, con l’obiettivo principale di sostenere e divulgare il cinema delle donne e per le donne. Vorremmo in futuro trovare uno spazio a Milano aperto al pubblico per realizzare tanti progetti interdisciplinari che abbiamo in mente. Ma è troppo lunga da raccontare …
Vostri titoli sono anche nel catalogo Netflix, come The Black Power Mixtape e Eau argentée – Autoritratto siriano…
Wanted è un concetto liquido, vorrei che i nostri film fossero ovunque, sempre a disposizione di chi li cerca e vuole vedere, una fruizione facile in tutti i canali, in qualsiasi momento. A mio avviso è l’unica alternativa alla pirateria. Se una sera voglio vedere un film e al cinema non lo trovo, il dvd non c’è, la tv non lo programma, lo devo trovare facilmente on line, altrimenti cosa resta, se non i siti pirata? In sintesi io sono per abbattere le finestre, cioè gli intervalli classici di uscita tra i diversi canali di sfruttamento. Credo che la sala sia un’esperienza “altra”. Se voglio davvero vedere un film, non rinuncio e non rinuncerò mai alla magia di una sala buia e silenziosa. E quel film posso averlo sulla scrivania in dvd o disponibile sul tablet. E poi la gente è piena di stimoli, bersagliata continuamente da notizie e informazioni che girano alla velocità della luce. Se non gli fai trovare il film su Vivian Maier quando della fotografa si parla sul giornale, il giorno dopo la testa è già altrove e hai perso un potenziale spettatore.
Qui sotto trovate una clip in esclusiva di The Nightmare
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