Ruggero Deodato e l’eclettismo della ferocia

La scomparsa di Ruggero Deodato a 83 anni segna la comunità del cinema bis, inteso come genere. Il cordoglio rimbalza tra i cinefili di tre continenti, sui social. Biografia eccentrica. Deodato cominciò come musicista di balera, poi attore ad esempio in I ragazzi dei Parioli di Sergio Corbucci (1959), lui pariolino doc (ma era originario di Potenza), e poi aiuto regista. Proprio di Corbucci, con il quale collabora sul set di Django, anche se il suo più celebre apprendistato è con Roberto Rossellini. Fa specie che il regista celebre in tutto il mondo per Cannibal Holocaust fosse stato al fianco dell’autore neorealista per eccellenza in tre film acclamati, Il generale Della Rovere (1959), Era notte a Roma (1960) e Viva l’Italia (1961), considerandolo per tutta la vita come il suo maestro. Ma la circostanza aggiunge valore anche al profilo di Rossellini, per il quale il cinema era prima di tutto mestiere, da condividere con altri, da insegnare e attraverso il quale imparare, e solo dopo arte. Deodato lavora moltissimo come direttore di spot pubblicitari ma nel 1975 dirige l’allora moglie Silvia Dionisio, star emergente del nostro cinema, in un thriller erotico vagamente polanskiano, Ondata di piacere, che incassa e gli dà la possibilità di andare avanti con le sue cose. Uomini si nasce poliziotti si muore, per me il suo capolavoro, è dell’anno successivo.

 

Uomini si nasce poliziotti si muore

 

Interpretato da Marc Porel e Ray Lovelock, scritto da Fernando Di Leo, arricchito dagli stunt spettacolari di Rémy Julienne, è un buddy movie molto violento e con un sacco d’azione, stemperato dall’ironia dei due protagonisti e da dialoghi brillanti (Di Leo si dirà soddisfatto dalla messa in scena di Deodato), in definitiva uno dei migliori poliziotteschi di sempre (incipit formidabile) e quello con il titolo migliore in assoluto. Nel 1977 gira Ultimo mondo cannibale: l’ho visto abbastanza maciullato anni fa su una vecchia vhs, mi risulta che non esista da nessuna parte (finora) in versione decente, Ruggero lo considerava in definitiva un buon lavoro, io lo ricordo con una (salutare) sgradevolezza di fondo che anticipava la forza tellurica di Cannibal Holocaust (1980). Quest’ultimo è un sasso nello stagno del genere, inventa il filone del found footage (o finto documentario ritrovato) poi rilanciato dall’inatteso successo di The Blair Witch Project (1999). Viene realizzato con una cura artistica certo inedita negli altri cannibalici del periodo. Deodato ne gira una parte in 35 millimetri e un’altra, quella del finto docu ritrovato, con le atrocità (famigerate quelle sugli animali) prima compiute e poi subite dalla troupe, in 16 mm, sporcando la pellicola anche manualmente. L’effetto è ancora oggi impressionante. La prima parte in 35 si intitola The Last Road to Hell e la seconda The Green Inferno, anche, come noto, titolo di un recente horror-omaggio di Eli Roth.

 

La casa sperduta nel parco

 

A stretto giro un altro suo film diventato di culto, La casa sperduta nel parco, thriller feroce con David Hess e Giovanni Lombardo Radice, all’epoca schifato dalla critica e invece, al di là dell’efficacia delle scene di violenza, molto interessante per l’amoralità di fondo, trattata con una certa ironia, non colta da tutti (ma secondo me già la premessa dei due mostruosi idioti che da vittime della gente-bene diventano carnefici va in quella direzione, ed è diventato un cliché, vedi il primo Wolf Creek). Il periodo d’oro del regista si conclude con il terzo cannibalico Inferno in diretta (1985) e il godibile slasher Camping del terrore (1986). Negli anni 90 è tornato a girare fiction tv, di grande successo I ragazzi del muretto. Insieme a Umberto Lenzi, Enzo G. Castellari, Stelvio Massi, Massimo Dallamano, Sergio Martino e ovviamente Fernando Di Leo, Ruggero Deodato è stato il più importante autore di cinema bis italiano degli anni 70. Rispetto ai colleghi ha avuto una caratteristica soprattutto sua: anche i film meno riusciti, dal punto di vista della regia – parlo della composizione delle inquadrature, della pertinenza dei movimenti di macchina o di obiettivo (la parsimonia dello zoom ad esempio) – dimostrano una cura superiore. Nel caso invece dei titoli molto riusciti, e mi riferisco a Uomini si nasce poliziotti si muore e Cannibal Holocaust, siamo di fronte a regie inventive e moderne, che io francamente rimpiango.