Paolo Sorrentino: in È stata la mano di Dio cercate le emozioni

 

«Stavo sempre fermo. Che fossi felice e allegro. O triste e malinconico». Sorrentino si racconta: È stata la mano di Dio è la sua storia. Adolescente fermissimo a metà Anni 80, a Napoli. Film, storia e vita divise in due. A fare da frattura, la morte dei genitori. Interpretati da Toni Servillo e Teresa Saponangelo. Perfetti come Filippo Scotti, che interpreta Fabietto. Ovvero Sorrentino stesso: «L’ho visto e mi sono detto che non aveva rivali. Non gli ho chiesto nulla. L’ho solo guardato. Lui per prepararsi ha trascorso agosto a Napoli. Niente vacanze. Solo vedere film e ascoltare musica e rumori d’epoca. Io non ricordo le canzoni che avevo nel walkman. Ma distinguo ancora tutti i rumori dei motorini d’epoca».

 

 

 

 

Il vero e il falso
Non cercate i fatti, ma le emozioni. Era da tempo che pensavo a questo film. Dopo The New Pope, ne avevo parlato anche con Netflix. Mi hanno lasciato una libertà assoluta. Di tornare per raccontare questa storia che è la mia. Non saprei dire quanto c’è di vero e di “falso”. In realtà non era su quello che mi volevo concentrare. Volevo raccontare i miei sentimenti dell’epoca, più che i fatti. Sono tornato indietro per “ricostruire” le mie emozioni. Ho scoperto davvero che stavo sempre fermo. Immobile… L’anno scorso ho compiuto 50 anni e sono maturo abbastanza. Nel film c’è la mia vita, la mia famiglia, i miei parenti. Mio fratello e mia sorella. La mia città così “promiscua” come si diceva, dove tutto si mischia. Come il ragazzino della borghesia, io/Fabietto, e il contrabbandiere che a un certo punto diventa suo amico. È stato liberatorio tornare laggiù, sono sincero.

 

 

Maradona
La scena in cui incrociamo Maradona in macchina è emblematica. Nel film accade prima dell’arrivo di Diego in città, perché mi serviva per dare quel senso di sogno, l’atmosfera onirica. È come una visione. In realtà è solo uno che gli somiglia. Comunque nella realtà accadde che lo vedemmo, quando già giocava nel Napoli, e restammo tutti impietriti. Il titolo si riferisce al caso o al divino, ma io ho sempre creduto nel potere semi divino di Maradona. Un mio grande rammarico è non aver potuto far vedere il film a Diego, questo era un mio grande desiderio.

 

Toni Servillo
C’è voluto più coraggio a scriverlo che a farlo, perché poi sul set, anche se ci sono stati momenti emozionanti, ci sono i problemi pratici che ti salvano e ti fanno superare quasi del tutto le paure. Solo Servillo poteva fare mio padre. Anni fa lo avevo avvertito: : quando troverò la giusta distanza sarai mio padre in un film che prima o poi girerò. Con lui si chiude un cerchio: ero qui a Venezia 20 anni fa con il mio primo film, L’uomo in più, interpretato da Toni…

 

 

 

La morte
Non riesco a razionalizzare e a parlare di come ho “costruito” la scena della morte dei miei gentori. Però è vero. I miei andarono a Roccaraso, dove avevamo appena preso casa. Dovevo andare anch’io, ma papà mi diede il permesso di andare allo stadio. La mano di dio, appunto… E così io mi salvai. L’ultima volta che li vidi, fu quando mi salutarono. Posso dire che raccontare dei vicini che avevano la passione per l’Impero austro-ungarico – episodio verissimo – mi ha aiutato a superare il dolore del rivivere l’addio ai miei genitori. Non volevo essere pesante. I miei erano persone “leggere”. Mia madre adorava fare gli scherzi al telefono, che se ci pensi era davvero un passatempo d’epoca che oggi non esiste più. Mio padre? Aveva davvero l’allergia per il telecomando. Tutti avevano la tv a colori, noi andammo avanti per anni con quella in bianco e nero. Poi cedette. Ma il telecomando, quello non volle mai prenderlo. Mia sorella si vede solo alla fine perché era davvero una presenza/assenza. Daniela era davvero così. Io la ricordo sempre chiusa in bagno. Era tanto più grande e per me era bellissima. Proprio perché era sempre davanti allo specchio del bagno. Viveva già fuori casa quando i miei morirono. Ma tornò per occuparsi di me e di mio fratello.