Shining ha 40 anni: alcune cose che (forse) è meglio sapere

Shining è uscito in Usa il 23 maggio del 1980. L’ultima versione proposta recentemente nei cinema ha una durata di 144 minuti. La prima versione uscita nei cinema americani durava 146 minuti. Kubrick decise di operare modifiche a film uscito. Dopo avere tolto la parte di Anne Jackson che faceva la pediatra, tolse una scena finale nella quale Barry Nelson visita Shelley Duvall in ospedale. «Due montatori girarono il paese in moto per far i tagli sul posto» (Variety). La versione uscita in tutto il mondo è di 120 minuti.

 

 

 

Stanley Kubrick e la troupe presero possesso del set dell’Overlook Hotel nel maggio del 1978 e lo tennero occupato fino all’aprile del 1979. Gli Elstree Studios di Londra furono in enorme difficoltà perché dovettero trovare il modo di ospitare Flash Gordon e L’impero colpisce ancora, produzioni che avrebbero dovuto prendere il posto di Shining. Per fare il film fra preparazione, lavorazione e montaggio ci vollero 3 anni e 2 mesi.

 

Stephen King non approvava l’approccio al suo libro contenuto nella prima stesura della sceneggiatura di S.K e Diane Johnson e detestò ancora di più la versione seguente, fortemente fisica: «Kubrick semplicemente non riusciva ad afferrare la pura malvagità inumana dell’Overlook. Cercava piuttosto il male nei personaggi e trasformò il film in una tragedia domestica con solo qualche sottofondo sovrannaturale».

 

 

Shining è la semplice storia di un uomo e della sua famiglia che impazziscono tranquillamente insieme”.                S.K.

 

Nel 1974, prima che fosse terminata la lavorazione di Barry Lyndon, S.K. ricevette da Ed Di Giulio della Cinema Products Corporation il filmato dimostrativo di una nuova invenzione. La visione del filmato fu una rivelazione che avrebbe avuto un profondo impatto nella tecnica di ripresa di Shining. S.K. scrisse subito a Di Giulio: «Caro Ed, il misterioso stabilizzatore è spettacolare puoi contare su di me come cliente. (…) Ho una domanda. C’è un’altezza minima a cui è possibile usarlo?» Lo stabilizzatore si rivelò essere la steadicam inventata e manovrata da Garrett Brown. Con in mente la steadicam S.K. partì dalla premessa che tutte le stanze del set dell’albergo dovessero essere comunicanti.

 

La sfida principale del direttore della fotografia John Alcott fu illuminare l’intero set in modo da rendere l’illuminazione naturale di un albergo: era necessaria un’intensità luminosa di molte candele (intesa come unità di misura della luce prodotta da potenti fonti elettriche). Mesi prima delle riprese Alcott andava ogni settimana a visitare e sorvegliare i set in costruzione. Tutte le luci dell’Overlook erano collegate alla rete elettrica come se fossero realmente parte dell’albergo, un lavoro mostruoso che richiese quattro mesi solo per i collegamenti elettrici. S.K. aveva costruito l’Overlook come un albergo reale.

«Avevo appena finito di lavorare un’intera estate su una sceneggiatura che speravo di dirigere quando mi chiamo Stanley, all’improvviso, e mi chiese se ero interessato a lavorare con lui nel suo prossimo film. Non avevo letto il libro ma non avrebbe fatto differenza. Avrei fatto tutto quello che Stanley voleva. Chiunque avrebbe voluto lavorare con lui. Mi mandò una copia del libro. Lo trovai straordinario. Una grande occasione. (…) Shining è una storia eccezionale. E anche se può darsi che si tratti della mia interpretazione, l’orchestrazione è di Kubrick. Sono felice di avere avuto questa opportunità di tentare qualcosa di diverso. Sono orgoglioso delle nuove cose che ho provato a fare… anche quando non hanno funzionato. È un vecchio cliché dell’attore, ma puoi essere bravo solo nella misura in cui sei disposto a essere un cane. Penso che questo film sarà molto, molto buono».                                                      Jack Nicholson

 

«Penso che Jack sia uno dei migliori attori di Hollywood, forse alla pari con le grandi star del passato, come Spencer Tracy e Jimmy Cagney».                                                                                                                                                                   S.K.

 

«Quella lunga carrellata in cui Jack Nicholson insegue Shelley Duvall sulla scalinata mentre lei gli agita contro una mazza da baseball venne girata (se ho contato bene) 61 volte. Come al solito Nicholson fu assolutamente brillante nella prima. Poi avrebbe cominciato a peggiorare per circa dieci ciak. In quei ciak puoi notare come stia soprattutto attento ai tempi, in modo da non sfiancarsi troppo. E poi comincia a migliorare fino al vertice».                         Gordon Stainforth, uno dei montatori di Shining

 

«Ci fu un periodo nel quale lavorai per 57 giorni consecutivi senza un giorno libero e con orari pazzeschi: non scesi mai sotto le 110 ore settimanali. Arrivai persino a ottenere il Golden Triple Time, quello in cui uno viene pagato se non ha un’ora di pausa ogni 10. Il mio salario era di circa 100 sterline la settimana, ma con gli straordinari ne trovavo 700 in busta paga».
Gordon Stainforth, uno dei montatori di Shining

 

Per trovare il bambino che interpretasse Danny, S.K. spedì Leon Vitali in giro per gli Stati Uniti. Bisognava trovare un esordiente assoluto e non poteva avere più di 6 anni. Vitali e la sua squadra videro 5000 bambini  (dopo la pubblicazione di un annuncio di ricerca della Warner) e videoregistrarono 120 di loro che improvvisavano. Alla fine S.K. scelse Danny Lloyd, cinque anni e mezzo, figlio di un ingegnere ferroviario che abitava in una cittadina dell’Illinois. Per la legge inglese sul lavoro minorile Danny poteva essere coinvolto nella produzione per non più di quaranta giorni lavorativi all’anno, con orari limitati e l’obbligo di lasciare il set entro le 16 e 30. Le regole non includevano le prove così S.K. faceva provare Danny un giorno e poi lo portava davanti alla cinepresa il seguente. Il regista fece fabbricare un fantoccio da utilizzare nelle inquadrature in cui Wendy lo porta in braccio.

 

Shelley Duvall fu la prima e unica scelta di S.K. per il ruolo di Wendy Torrance. La lavorazione fu per la Duvall un tormento. Lo stress della lunga lavorazione le causò problemi di salute. Un giorno svenne, la troupe si prese cura di lei. Ma S.K. non approvava: «Non commiserate Shelley non è d’aiuto».

 

«Da maggio a fine ottobre ho continuato davvero a stare male periodicamente, per via dell’enorme stress del ruolo e per quello di essere lontana da casa – proprio srdadicata e spostata da un’altra parte – e si era appena chiusa una mia storia, quindi per me era proprio un periodo tumultuoso».
Shelley Duvall

 

 

«A volte avevo risentimento per Stanley perché mi pungolava, mi feriva. Ce l’avevo con lui per questo motivo. Pensavo: perché vuoi farmi questo? Come puoi farmi questo?  Mi tormentava ma era un tormento necessario a tirare fuori quello che voleva tirare fuori. Avevamo in mente lo stesso fine, solo che a volte i mezzi erano diversi, e alla fine arrivarono a coincidere. Sono sbalordita mi ha insegnato più lui nell’arco di un anno in un solo film, di tutto quello che ho imparato negli altri film che ho fatto. Stanley ti fa fare cose che non avresti mai pensato di potere fare. È il ruolo più difficile che abbia mai interpretato, se Stanley non mi avesse pungolato così tanto, non sarei mai riuscita a tirare  fuori un’interpretazione come quella. Non avrei mai pensato che fosse possibile».
Shelley Duvall

 

Tony Burton (che interpreta Durkin, il proprietario dell’officina) era sul set quando S.K. stava lavorando sull’ultima inquadratura del film: un lento carrello che attraversa l’ingresso dell’Overlook e finisce sul primo piano di una foto del 1920 in cui Jack Nicholson era fra gli ospiti dell’albergo: «girarono quella scena per giorni» – ricorda Burton – «Stanley si limitava a guardare il monitor e a dire: di nuovo. Non riuscivano a superare un terzo della distanza attraverso la hall. Gli ci volle una settimana per coprire un terzo della strada. Stanley continuava a vedere dei sobbalzi, voleva che fosse perfettamente liscia. Così cambiarono il carrello del dolly. Poi lo misero su un binario. Poi lo tolsero dal binario. Poi cambiarono le ruote. Poi ci misero più peso. Poi il peso non bastava e ci misero su più persone. C’era gente appesa al carrello che cercava di stare immobile per fare questa inquadratura».

 

«Non so quante volte hanno girato il sangue nell’ascensore. Qualcuno mi ha detto che la giravano da prima ancora che le riprese fossero iniziate l’anno prima. Mentre stavo lì la fecero tre volte. Circa ogni dieci giorni la giravano di nuovo e Stanley diceva: non sembra sangue. E loro chiedevano: cosa non va? È un è problema di consistenza? Di colore? Gli ci voleva qualcosa come nove giorni per prepare l’inquadratura e allora tornavano, la porta si apriva, veniva tutto fuori e Stanley diceva: non sembra sangue. Ma alla fine riuscirono a farla».
Tony Burton

 

 

 

Bibliografia: American Film, Hollywood Reporter, Stanley Kubrick: A Guide to Reference and Resources di Wallace Coyole, Variety, Michel Ciment – Kubrick, Los Angeles Times (1-6-1980), Film Review Annual, Stanley Kubrick – L’uomo dietro la leggenda di Vincent LoBrutto, Stanley Kubrick – La biografia di John Baxter.