Dal Far East Film Festival 25 L’autodeterminazione e la mistica del sacrificio di Plan 75 di Chie Hayakawa

Baisho Chieko e Hayakawa Chie al FEFF 25 (foto di Alice Durigatto)

Il Piano 75, nella realtà, non esiste, ma tutto ciò che viene rappresentato nel film, purtroppo, sì. A cominciare dalla pressione che la società esercita sugli anziani, fino a farli sentire inutili.
Chie Hayakawa 

 

Prologo: in un interno buio e non ben identificato – forse una casa privata, un albergo, un ricovero per anziani – un uomo con fucile uccide e si spara, lasciando un messaggio. “Mi auguro che il mio gesto porti un futuro più luminoso, per il Paese”. Siamo in Giappone, in un tempo che è pensato come futuro ma che non si discosta molto dal presente. Per risolvere il problema – ma sarebbe meglio dire il costo sociale – dell’invecchiamento della popolazione, il governo ha approvato una legge sul diritto alla morte assistita a chi ha più di 75 anni. È una sorta di finanziamento a fondo perduto: chi si iscrive al programma (Plan 75) può spenderlo come vuole, anche per la cremazione o il funerale. Non sono necessari particolari diagnosi o procedure mediche, per usufruirne.

 

 

Michi (Baisho Chieko) ha 78 anni e insieme ad alcune sue coetanee lavora ancora come inserviente e va ancora a divertirsi al karaoke. Una serie di circostanze avverse la convincono a sottoscrivere il programma, che tra i “bonus” comprende anche la disponibilità di una giovane assistente telefonica, Yoko (Yuumi Kawai), con la quale Michi entra presto in confidenza. Anche Hiromu (Hayato Isomura), impiegato addetto alla promozione del programma, è giovane. Ha perso suo padre e gli resta un anziano zio, che, come Michi, vive da solo e si avvicina in autonomia alla fine dei suoi giorni. È nel pieno della sua giovinezza anche Maria, infermiera di origini filippine che ha dovuto lasciare la figlia piccola in patria e che per necessità personali si ritrova a essere un ingranaggio del “piano”. Coproduzione tra Giappone, Francia e Filippine, Plan 75 è stato concepito nell’ambito del Far East Film Festival, come sviluppo di un corto omonimo della stessa regista, a sua volta segmento di Ten Years Japan, film collettivo prodotto da Hirokazu Kore-eda. Menzione speciale Caméra d’Or a Cannes 2022, fuori concorso al Torino Film Festival e in programma a Toronto e Karlovy Vary,  arriva nei cinema italiani con Tucker Film dopo il passaggio all’ultimo al festival di Udine, che ha conferito il Gelso d’oro alla cantante e attrice Baisho Chieko, l’anziana protagonista. Un’istituzione del cinema giapponese: oltre 60 anni di carriera, un’aria alla Joan Crawford, nota al grande pubblico per aver interpretato dal 1969 al 1995 il personaggio di Sakura, moglie di Tora-san, nella serie cinematografica omonima di Yamada Yodj (When Spring Comes Late il suo film più famoso, anche questo in programma al Far East), ma anche voce originale di Gundam, Kimba – La leggenda del leone bianco e Il castello errante di Howl. 

 

 

Con la delicatezza inconsueta di un tramonto inaspettato, di una canzone cantata per ascoltarsi respirare, un sense of humour implacabile e quasi invisibile (un forno crematorio malfunzionante, una cintura di sicurezza tardiva) e la suggestione di un effettivo scambio tra generazioni tra loro distanti, Plan 75 mette in scena la pressione della società dei “produttivi” su quella degli “improduttivi”. Nelle note stampa, la regista Chie Hayakawa, nata a Tokyo nel 1976, dice: «Ho cercato di criticare qualunque tipo di società che non mette al primo posto la dignità umana ma l’economia e la produttività. Eliminare quello che definiamo “improduttivo” è un concetto molto vicino al fascismo: anche senza un dittatore, questo modo di vedere le cose può propagarsi facilmente tra le persone ed è spaventoso». E in effetti durante la visione tornano in mente le molto sgradevoli parole (“persone non indispensabili allo sforzo produttivo”) di un presidente di una regione italiana mentre la pandemia colpiva più duramente le persone anziane o ricoverate in residenze sanitarie assistenziali. Il programma del titolo “vende” il diritto a decidere della propria morte come se fosse un prodotto finanziario-assicurativo, a una società che ha smarrito i legami di solidarietà e accetta passivamente l’uscita di scena “volontaria” di generazioni di anziani, culturalmente educati al sacrificio per la collettività. 

 

“Nella società giapponese l’armonia, l’equilibrio, sono tenuti molto in considerazione. Fin da piccoli ci viene detto di non essere troppo egoisti, ci viene chiesto di sacrificarci. Oggi nessuno, o pochi, morirebbero per il Paese. Una volta era considerato normale”, ha dichiarato Chie Hayakawa al Far East Film Festival. Con la sua protagonista che aggiungeva: “Alle persone della mia generazione è stato sempre detto “devi essere paziente”. Sono cresciuta così e per molto tempo non ho espresso un’opinione. Nel tempo ho capito che non si  può più solo pensare alla felicità degli altri, perché se non sei felice non puoi rendere felice gli altri. È importante trovare un equilibrio tra queste due felicità”.  

 

 

Più che la vittima di una proiezione tetra, tendente al regime totalitario, attraverso la sua gracile ma risoluta protagonista, Plan 75 riafferma con grazia e fermezza il principio di autodeterminazione. Ma anche quello di economia, in un film in cui nemmeno le unghie si buttano, perché possono concimare una pianta, e un anziano che ha sempre donato il sangue e costruito ponti raccoglie la spazzatura per tenere pulita la strada. O c’è chi, pur di lavorare, di sentirsi attivo, si “trasforma” in segnale stradale lampeggiante di notte: splendida immagine per un’emergenza palese, sotto gli occhi di tutti, al punto da essere ignorata. Nelle parole della protagonista: “Il Giappone non è un Paese che tratta in modo gentile le persone anziane. Non è più un problema solo giapponese, ma globale […] Quando la regista mi ha spiegato la sua percezione della morte, ho capito che era molto simile alla mia. Alla fine delle riprese del film, mi sono resa conto che più che un film sulla morte è un film sul vivere”.