FESCAAAL 2021 – Un giorno a Luanda: Air Conditioner di Fradique, enigmatica riflessione tra realtà e sogno

Un fatto misterioso e inspiegabile si verifica nelle strade di Luanda, capitale dell’Angola: i condizionatori affissi ai muri degli edifici cominciano a crollare uno ad uno, come frutti maturi da un albero. Si moltiplicano le vittime, mentre la temperatura aumenta e rende le condizioni di vita ancora più critiche. In questo scenario quasi apocalittico e surreale Matacedo, una guardia di sicurezza in uno dei tanti malandati palazzi di cui brulica la città, ha l’incarico di sostituire entro l’indomani il condizionatore guasto del suo burbero capo. Da questo presupposto parte, il primo lungometraggio di finzione del regista luandese Fradique (Mario Bastos), in concorso alla 30 edizione – online – del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina. È un viaggio al seguito di questo personaggio e della sua ricerca; viaggio tanto reale quanto onirico e ricerca tanto concreta quanto simbolica in una società che, metaforicamente, cade a pezzi nell’affrontare ogni giorno le sue mille contraddizioni e ingiustizie, tra sfruttatori e sfruttati, straripante povertà ed elitaria ricchezza, speranza nel futuro e amara consapevolezza anti-illusoria. Co-sceneggiato dal regista stesso insieme al direttore della fotografia Ery Claver, che rende l’atmosfera ancora più onirica colorando le immagini con luci al neon, è un film che segue l’andamento di un sogno, percepito soprattutto nel senso di un tempo dilatato, elemento straniante di una narrazione elusiva e fumosa, ma dal chiaro intento politico.
 

 

Come lo stesso regista ha dichiarato, questo è un film su come stiamo insieme come società, una critica delle classi sociali in una città che è, allo stesso tempo, passato, presente e futuro. Matacedo, ex combattente nella guerra civile angolana che ha dilaniato il Paese per trent’anni fino ai primi anni Duemila, è lo spirito guida: la macchina da presa lo segue passo dopo passo attraverso i luoghi, i vicoli e le stanze fatiscenti delle costruzioni di Luanda, tra vari incontri con persone della comunità locale con le quali ha la capacità di comunicare telepaticamente. A scandire il passo è una colonna sonora cangiante e ibrida, curata dalla compositrice e cantante angolana Aline Frazão, che mescola una parte più astratta fatta di suoni surreali e distorti, ronzii caotici della città, a una più ritmica e percussiva, passando dalle sonorità jazz, attraversando il rap fino ad arrivare ai ritmi suadenti della bossa nova. Ci sono, intrecciati tra loro l’attualità, la storia, il sogno, la magia, il mistero; la scena dell’incontro con il personaggio che ripara i condizionatori, Mr. Mino (David Caracol, unico attore professionista assieme a Filomena Manuel nel ruolo di Zezinha, amica di Matacedo), simile un po’ a uno scienziato pazzo o uno stregone, è chiaramente la chiave di lettura di tutto il racconto oltre ad essere visivamente destinata a rimanere a lungo impressa nella mente. Realizzato disponendo di un bassissimo budget (come ricorda il regista stesso, in Angola in governo non prevede alcun supporto economico per le produzioni cinematografiche), si avvale della consapevolezza già ben solida del suo autore che dopo diversi cortometraggi, un documentario e alcuni video musicali realizza un’opera prima enigmatica, seducente, che colpisce e resta.