Il caso Belle Steiner di Benoît Jacquot, ad oggi è uscito solo in Italia grazie a Europictures. Il film (del 2024) fino ad ora era stato condannato all’invisibilità dalle accuse di molestie rivolte al regista dalle attrici Judith Godrèche, Isild Le Besco, Vahina Giocante e Julia Roy. Per cercare di salvarlo la produzione ha inutilmente inserito prima dei titoli di coda un messaggio che condanna ogni persona coinvolta in molestie sessuali di genere. Comunque nei confronti di Jacquot il processo non è nemmeno stato istruito ma pare che la condanna sia stata già emessa dinamica che non è distante da quello che accade al protagonista di Il caso di Belle Steiner. La pellicola è tratta da La morte di Belle di Georges Simenon, strepitoso romanzo del periodo americano, scritto nel 1951 in Connecticut. Nei cinque anni trascorsi a Lakeville Simenon ha scritto 13 Maigret e 14 romans durs (quelli nei quali senza alcuna idea preliminare di una trama, Simenon si fa partecipe degli eventi immergendosi completamente nella personalità del personaggio principale, poi inventa una situazione e lo porta “alla fine di se stesso”). In L’uomo che non era Maigret Patrick Marnham ha notato che nei primi 44 romans durs il ruolo determinante spetta in uno alla ghigliottina, in due all’alcolismo, in un altro alla follia, in tre alla seduzione, in altri tre alla associazione fra sesso e morte, in dodici al suicidio…
In La morte di Belle siamo in una anonima cittadina americana, la diciottenne Belle Sherman viene uccisa nella casa del prof. Spencer Ashby, che ospitava la ragazza, figlia di un’amica della moglie. L’insegnante diventa il primo sospettato perché la moglie Christine era uscita e lui era rimasto a casa. La ragazza era rientrata dal cinema e Spencer, pur rimanendo chiuso nel suo studio, di fatto era solo con lei. Il coroner lo incalza, la gente lo spia e la sua vita va in frantumi…Il romanzo è già stato portato sullo schermo nel 1961 da Édouard Molinaro (Chi ha ucciso Bella Shermann?), ritorna in una versione che Benoît Jacquot (“per me è una sfida fra colpa e innocenza”) sposta nella provincia francese, dove Belle è una ragazzina disinibita e molto attiva sui social, Pierre (Guillaume Canet) insegna matematica al Liceo Simenon ed è affiancato dalla moglie Cléa (Charlotte Gainsbourg) che gestisce un negozio di ottica e si impegna nella piccola comunità. Nel romanzo è una figura in secondo piano, opaca e distante, incapace di passioni. Nel film assurge al ruolo di coprotagonista. Grande novità, insieme a un finale molto meno estremo più attento a lasciare aperto ogni scenario. La coppia Canet- Gainsbourg è assolutamente perfetta nel restituire allo spettatore quei temi camusiani come la solitudine, l’incomunicabilità, il senso di estraneità al mondo che nutrono il libro. Il coro dei personaggi che li circonda, siano vicini, giornalisti, inquirenti, amici, alunni, ha un tono inquisitorio che spinge la coppia verso una sorta di afasia esistenziale. Il peso della società con le sue regole, i suoi controlli, i suoi riti di apparenza, le diseguaglianze di ceto e di sesso sono trattati da Benoît Jacquot con acume e apparente distacco. Splendida la scelta di lavorare sulla luce: facendo uscire ed entrare i protagonisti dall’ombra con una carica metaforica evidente. Pierre, non troppo interessato a dimostrare la propria innocenza, finisce per assumere il proprio destino, dall’interno di una condizione morale e sociale che non dà tregua: viene allontanato dalla scuola in attesa di sviluppi, la vita sociale è azzerata, le cene con gli amici sono imbarazzanti. Si trova in un ingranaggio al quale non può sfuggire: quello della propria limitatezza, anzi finisce per scegliere l’oscurità. Aderisce all’idea che gli altri hanno di lui. A ben guardare è ciò che accade anche a Belle da morta: diventa quello che il mondo vuole.