La forza visionaria e ancestrale di Inu-oh di Masaaki Yuasa

È la dinamica imprevedibile dell’incontro, l’aggrovigliarsi del racconto individuale con quello collettivo, l’esaltazione della creatività e la riscrittura della propria identità attraverso l’esaltazione della propria vocazione artistica ad innervare lo stupefacente Inu-oh, quinto lungometraggio anime di Masaaki Yuasa, presentato nella sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia del 2021 e poi al Far East Film Festival del 2022. Realizzato dallo studio d’animazione Science SARU, di cui Yuasa è stato fondatore, a partire da un soggetto di Hideo Furukawa, il film racconta una vicenda ambientata nel Giappone dell’era Muromachi rielaborando il contesto feudale in chiave rock, intersecando tradizione e innovazione, sguardo verso la memoria del passato e necessaria proiezione verso la complessità della contemporaneità. Cinema di storie distorte, visioni sghembe, frustrazioni irrisolte, si nutre di una forza ancestrale senza rinunciare mai a soluzioni visionarie magmatiche, caotiche, surreali. Qui è dove il romanzo storico incontra l’animazione ipnotica allo stato puro. Come già accadeva in Mind Game (2004), titolo d’esordio di Yuasa, nel quale l’aspirante mangaka Nishi viveva al fianco di Myon un viaggio ai confini del tempo, e soprattutto come si ben vedeva in The Tatami Galaxy (2010), la serie che gli ha garantito fama internazionale, dove la vicenda del protagonista Watashi intercettava quella della scheggia impazzita Ozu e faceva i conti con fallimenti e desideri inespressi, pure in questo nuovo lungometraggio Yuasa sembra interessato ad avvicinare due estremità apparentemente inconciliabili le cui strade, grazie al tempo, convergono e generano storie vertiginose e meravigliose. Storie che colmano un vuoto.

 

 

La cornice storica dentro la quale prende forma la vicenda del film è la battaglia di Dan-no-ura del 1185, episodio che decretò la fine del clan Heike in favore del clan Genji. Il film segue così, alcuni secoli più tardi, il punto di vista del giovane Tomona che ritrova insieme al padre un reperto del conflitto, una misteriosa spada dagli enormi poteri che acceca il bambino e ferisce a morte l’uomo. Tomona, cieco, diventa monaco, suonatore di biwa e recita con le sue canzoni l’Heike Monogatari, il corpus di racconti che narrano la storia del clan Heike. Inu-oh, invece, è un essere deforme vittima di una maledizione che vive coprendosi il volto con una maschera, ama danzare e cantare. Due profili non convenzionali, due figure periferiche sommerse dalla rigidità di una società che li ha condannati a vivere ai margini e accomunati dall’idea di poter riscrivere il proprio destino attraverso la musica che ispirerà la loro ribellione identitaria, sociale, politica. Quello che per il cinema di Yuasa era un topos narrativo reiterato e reiterabile a tal punto da essere diventato un marchio autoriale riconoscibilissimo, qui si trasforma in un fattore capace di comunicare l’epifania di un nuovo umanesimo. Così, se l’amicizia tra Inu-oh e Tomona produrrà fama e successo, a colpi di biwa suonati come chitarre elettriche, canzone dopo canzone, l’esaltante crescita artistica di Inu-oh, nella metamorfosi da freak a icona pop che dà risalto alla voce degli spiriti degli Heike, gli permetterà di trasformarsi in un uomo di ineguagliabile talento e bellezza.

 

 

Yuasa esplora l’animo profondo dei due protagonisti, codifica emozioni lontane e restituisce una forma animata ibrida, sempre alla ricerca di soluzioni pirotecniche: animazione classica, contaminazioni pittoriche, corpi filiformi, tratto grezzo, suggestioni oniriche dialogano con l’insistita ricerca di uno sguardo in soggettiva che inquieta e disorienta per il disagio che comunica (le visioni sfocate di Tomona al pari delle soggettive dietro la maschera di Inu-oh) provocando nello spettatore un effetto straniante che deve fare i conti, inevitabilmente, con il fascino espresso tanto dagli spettacoli messi in scena dalla compagnia teatrale, quanto dalla presenza corporea di Inu-Oh, vera perla cinematografica. Un film di barriere temporali frantumate, che da concerto rock diventa opera musicale d’avanguardia sperimentale e trasformista. Apologia della libertà espressiva, Inu-oh è un inno all’anticonformismo artistico.