La sofisticata staticità dinamica di Diabolik: Ginko all’attacco di Marco Manetti e Antonio Manetti

Diabolik: Ginko all’attacco è il capitolo secondo della trilogia dedicata dai Manetti Bros. al fumetto inventato dalle sorelle milanesi Giussani 60 anni fa. In verità dalla sola Angela, Luciana si aggiunse come sceneggiatrice a qualche albo di distanza dal mitico numero 1, Il re del terrore. Il nuovo film si ispira liberamente al numero 16 Ginko all’attacco ed è dedicato alla memoria di Michelangelo La Neve, sceneggiatore dei Manetti a partire da Song’e Napule, cosentino d’origine ma varesino d’adozione, fumettista dal percorso interessantissimo purtroppo scomparso prematuramente lo scorso gennaio. Prima novità del nuovo Diabolik la sostituzione dell’attore protagonista Luca Marinelli con l’italocanadese Giacomo Gianniotti, un passaggio tutto sommato indolore anche perché il Nostro, tra maschera e maschere, è quasi sempre cammuffato. Confermata Miriam Leone, vera protagonista del primo capitolo, autentica bomba nei panni di Eva Kant, e Valerio Mastandrea come Ginko, ispettore dall’aplomb impiegatizio eppure, a questo giro, dal fascino insospettato. Infatti entra in scena la sua storica amante, la granduchessa Altea di Vallenberg interpretata da Monica Bellucci. Ginko trova il covo principe di Diabolik, dove è nascosta tutta la sua refurtiva, che ovviamente sequestra. Il ladro di Clerville tende la sua trappola per recuperarla mentre Eva fa il doppio (no: triplo) gioco.

 

 

L’operazione dei Manetti Bros. era chiara e sofisticata sin dal prototipo: ricreare l’atmosfera frontale del fumetto originale, il paradosso di una dinamica/statica interna alle tavole con personaggi monoespressivi, testi piuttosto affettati e didascalici (quanti spiegoni, in Diabolik!) ma anche definizioni terse, nitide, nel disegno come nei caratteri e soprattutto nell’invenzione dei colpi e delle scene d’azione. Essendo questo, sin dall’inizio, l’intento manifesto dei Manetti, i due film sono perfettamente riusciti, e infatti le critiche vengono tutte mosse togliendo dall’equazione il desiderio di ibridare linguaggio del cinema e del fumetto in una sintesi pop che, in questo modo, non aveva mai tentato nessuno. Poi i Bros. ci aggiungono del loro. Prologo e titoli di testa alla 007, loro risaputa passionaccia (la prima parte di Ammore e malavita è una rielaborazione di Si vive solo due volte), con Diodato in scena e in silhouette come Sheena Easton nel grandioso incipit di Solo per i tuoi occhi. A proposito di musica: io una colonna sonora formidabile come quella di Diabolik: Ginko all’attacco in un film italiano non la sentivo da anni. Pivio e Aldo De Scalzi tra elettronica pop, fusion, jazz con meravigliose variazioni gobliniane ad esempio nell’irruzione alla fabbrica Kramer, concepita dai Manetti come una sorta di incursione tra i meandri segreti della villa liberty di Profondo rosso, con i due musicisti genovesi che pestano di basso come non ci fosse un domani. Bravi tutti.