L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice di Alain Guiraudie: una commedia sconcertante

Pensateci bene: qual è l’ultimo film (serie, video, opera d’ingegno a piacere) che vi ha veramente interpellato e sconcertato, come spettatori? Disorientato, scosso dalle vostre convinzioni, messo in crisi? Se fate fatica a ricordarlo e siete disposti ad assumere un punto di vista più giocoso e meno rassicurante sulla realtà di occidentali bianchi terrorizzati dall’Altro, L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice di Alain Guiraudie, autore che chi ha visto Lo sconosciuto del lago non potrà aver dimenticato, mette a disagio fin dalla prima scena. Nel senso positivo di far deviare dalla prevedibilità di percorsi già noti. Ci troviamo nella rassicurante, paciosa Clermont-Ferrand, città nota ai cinefili per lo storico festival di cortometraggi. L’ordinario Médéric (Jean-Charles Clichet, mimica e fisionomia alla Checco Zalone) durante la sua abituale corsetta in tuta è folgorato sulla strada da Isadora, una procace prostituta (Noémie Lvovsky, irresistibile). Vorrebbe appartarsi con lei, ma a condizione che non si faccia pagare. Per lui, contrario alla compravendita dei corpi, è una questione di principio.

 

 

Non passa molto e li ritroviamo in un albergo senza pretese, a letto, mentre, senza stacchi di montaggio, vediamo Médéric dedicarsi a darle piacere con la bocca. Lei gode rumorosamente ma dalla tv accesa arrivano le immagini di un attentato terroristico appena avvenuto nei paraggi. La violenza del mondo, e del geloso marito di lei, interrompono il cunnilingus (che i due riprenderanno, non diremo dove). Rientrando a casa, poi, Médéric trova fuori dal suo portone Selim (Iliès Kadri), giovane arabo in cerca di riparo per la notte. Sarà lui uno degli attentatori ricercati? Da qui in avanti, il film rincorre il piacere, in un’altalena di frustrazioni, paure, sospetti, pedinamenti, riaccensioni del desiderio, illusioni, bugie, atti di coraggio e vigliaccate, stop and go.

 

 

L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice, titolo italiano forse troppo articolato ma corretto rispetto all’originale Viens, je t’emmene (“vieni, ti ci porto”, più vicino all’altruismo laico che lo attraversa ma poco traducibile), confonde di continuo lo spettatore, cambia direzione, elude e disattende le sue aspettative, spariglia le carte, fa del paradosso la sua fede e misura. Con intelligenza buñueliana e anarchica disinnesca pregiudizi, paranoie, privilegi. Decostruisce molti luoghi comuni ed equazioni da sceneggiatura col pilota automatico: l’islamico terrorista, la donna prostituta, straniera e sotto ricatto, il nazionalista omofobo, l’immigrato “integrato” razzista verso i nuovi arrivati, l’anziano capo che approfitta della giovane dipendente, il condominio sede di odio e misere vendette, l’uomo che non può resistere alle avances di una donna. Film d’apertura della sezione Panorama a Berlino 72, selezionato anche da Torino Film Festival, L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice arriva sui nostri schermi dal 27 aprile con eroico sprezzo del pericolo, grazie alla distribuzione Satine Film, che dedica la sua sezione Cult “alle voci cinematografiche più audaci e originali del cinema contemporaneo”. Lasciamoci portare dal suo meccanismo, dentro il suo mondo rovesciato: un tourbillon di fratelli e sorelle umanissimi e tragicomici.