Scavare per conoscere se stessi: La nave sepolta su Netflix mescola Storia e melodramma

1939, contea del Suffolk. Edith Pretty, una benestante vedova inglese, ingaggia un archeologo autodidatta, Basil Brown, per dare inizio a degli scavi nella terra di sua proprietà dove sorgono, immersi nella più completa pianura inglese, degli alti tumuli sotto i quali la donna ha il presentimento che si celi un antico tesoro. Quella raccontata nel film targato Netflix La nave sepolta è la scoperta archeologica più clamorosa avvenuta in Inghilterra, poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, passata alla storia come il ritrovamento del tesoro di Sutton Hoo, che riportò alla luce lo scheletro di un’antica nave sepolcrale di epoca anglosassone con annesso un corredo funerario di inestimabile valore. Storia vera e romanzata allo stesso tempo dal momento che il film è tratto dall’omonimo romanzo di John Preston, mentre qui la regia è affidata all’australiano Simon Stone al suo secondo lungometraggio. Stone realizza un film dalla bella confezione, ma che non riesce a far tesoro dei tanti elementi di pregio che ha a disposizione, a partire dal cast solidamente inglese, con Carey Mulligan e Ralph Fiennes nel ruolo dei due protagonisti. È affascinante e misterioso, almeno per la prima parte del film, il legame che si crea tra i due, fatto soprattutto di sguardi e poche parole e che chiede anche un certo investimento emotivo da parte di chi guarda; sono due personaggi in qualche modo tormentati, l’una da una morte prematura (quella del marito, colonnello nell’esercito inglese) e dalla sua malattia, l’altro dallo snobismo del mondo accademico verso la sua condizione di autodidatta, ma mossi entrambi da un’autentica passione per la scoperta.

 

 

La loro però è destinata a restare una storia d’amore che si dipana solo sul piano dell’affinità intellettuale e della stima e ammirazione reciproche; ecco allora che quell’investimento emotivo richiesto viene dirottato su un’altra coppia presente nella seconda parte, quella formata dai più giovani Peggy e Rory (Lily James e Johnny Flynn), lei giovane archeologa inesperta, lui cugino di Edith, giunto per scattare fotografie degli scavi poco prima di essere arruolato nell’aviazione in vista dell’imminente guerra. Per un film che sceglie di raccontare una storia così originale, forse distante per molti, trattandosi di un tema di nicchia come quello di una scoperta archeologica, l’occasione però appare sprecata: la trepidazione e il mistero iniziali, quel desiderio di vedere cosa riaffiora dalla terra e dal passato cedono presto il passo alla giostra dei sentimenti in stile melò e La nave sepolta prende quasi le sembianze di un dramma corale. Ben presto ci si accorge che lo scavo rievocato dal titolo internazionale (il ben più significativo The Dig) è una metafora che altro non designa se non l’atto di scavare dentro se stessi, nel proprio passato, per far emergere qualcosa di nuovo o semplicemente di sepolto, come una passione o un sentimento, insomma una verità. In modo quasi consequenziale il tesoro riaffiora dal suolo così come i sentimenti dei vari protagonisti che ruotano attorno a quella scoperta e tutto, quasi magicamente, va come deve andare. Della nave scoperta ci si dimentica presto, purtroppo, per ritrovarla poi solo in qualche didascalia sul finale, insieme al nome di Basil Brown che fu riconosciuto solo molti anni dopo dalle istituzioni che presero in carico il tesoro di Sutton Hoo e in particolare dal British Museum dov’è tutt’oggi conservato. La nave sepolta è un film dal sapore squisitamente british e non solo per le note di cast già accennate, ma anche perché può contare su un’ambientazione suggestiva e romantica, quella di una campagna inglese esaltata da una fotografia che nei luoghi e nei costumi strizza però l’occhio alla moda per le palette cromatiche ricercate e armoniose, che tanto spopolano sui profili patinati di Instagram. Insomma, una storia del passato raccontata per molti aspetti con le lenti scintillanti del presente. Non mancano nemmeno alcuni vezzi registici “alla Malick”, come temporalità differenti che s’incrociano, voci fuori campo che travalicano le singole scene e non si sa bene dove collocare; nonostante ciò La nave sepolta è una visione di larghe intese, che mette d’accordo un’ampia parte di pubblico, fa trascorrere quasi due ore in leggerezza e magari anche scoprire una piccola parte di storia.