TFF41- Cinema professionalmente ludico in Giganti rosse, di Riccardo Giacconi

Nel Concorso dei documentari italiani al TFF numero 41, il film di Riccardo Giacconi riserva non poche sorprese a cominciare dalla sua struttura narrativa e di genere che il regista sa stravolgere con un uso molto intelligente della scrittura e della stessa narrazione che diventa il contenuto di Giganti rosse. Il film racconta di Carlotta (Sibilla Scinti Roger) che, madre single di un bambino e attrice non proprio soddisfatta del proprio lavoro, regista audiolibri per sbarcare il lunario, nello specifico sta registrando Racconti di Walter Benjamin. Il fratello – che compare solo in voce e che è lo stesso Giacconi – e la sorella (Marta Ramadori) in questa estate così difficile dopo la pandemia vanno a trovare la madre nella casa della loro infanzia, dove vive anche Carlotta. Il racconto diventa quello delle dinamiche familiari tra i tre fratelli, le tensioni e i ricordi, l’affetto che li lega e le differenti vedute sulle cose, emergono le insoddisfazioni e qualche momento felice o infelice dell’infanzia. Un pranzo familiare che raccoglie i momenti più diversi anche in compagnia di zie e zii. Ma il ricordo più intenso è quello della claustrofobia vissuta dalle due sorelle chiuse in un armadio dal fratello e di come Carlotta seppe consolare la sorella minore parlandole delle stelle, delle giganti rosse.

 

 

È proprio dentro questa struttura così (apparentemente) intima, che invece diventa film narrativo per eccellenza, con una sua personalità molto forte, che il film di Giacconi trova una sua identità precisa, una sua originalità qualitativa e di genere, in quell’equilibrio tra diario familiare di qualche giornata estiva e quindi cinema intimo e personale, materiale anche grezzo sul quale intervenire e invece, realisticamente narrativo. Giganti rosse è un film essenzialmente di scrittura e di interpretazione attoriale, nato dalla ibridazione dei generi sui quali si è lavorato con la serietà di un professionista e un animo quasi adolescenziale di invenzione di un gioco nuovo. Si aggiungano le interpretazioni delle due giovani attrici che reggono perfettamente il gioco, trasportando il lavoro filmico dentro quell’ambito familiare che è consueto per essere Marta Ramadori cugina del regista e Sibilla Scinti Roger amica da sempre della famiglia dell’autore. Giganti rosse conferma la rivelazione di un autore che sa sperimentare con le immagini e la sua sperimentazione si perfeziona ulteriormente nel ruolo che si è ritagliato per sé stesso in quella oscurità che il dietro la macchina da presa consente di ottenere.

 

 

La sua parte nel film è quella di un fratello egoista e un po’ viziato, solito ad essere accontentato, che pensa solo alla propria soddisfazione personale. Le due sorelle rimproverano al fratello i comportamenti egoisti che spesso sono avvenuti a spese loro. Ma questo misterioso ed egoista terzo personaggio è solo una voce che nella sua dimensione di invisibilità sembra potere riaffermare la sua natura demiurgica, accentuata da questa rimproverata cattiveria nei rapporti di fratellanza. In altre parole un manipolatore invisibile che plasma il volere delle persone, le sorelle nello specifico, e che con l’occhio creativo, dietro la macchina da presa, ancora una volta decide il bene e il male dei suoi personaggi restando componente della famiglia carico di egoismo naturale, ma soprattutto, narratore quasi immateriale e generatore di storie che diventano cinema. Va dunque ben accolto Giganti rosse, un lavoro contenuto nel tempo di poco più di un’ora che sa restituire un mondo personale e intimo in quella manifestazione sintetica dell’immagine, raccontando con una sua sapienza un mondo familiare in presa diretta ma che sappiamo essere frutto di una scrittura preventiva e di una arguta messa in scena, e sa lavorare sulle strutture flessibili del cinema con quella fruttuosa ibridazione tra i generi e la sua ideazione con attenzione e con uno sguardo per nulla banale sul mezzo e sul suo utilizzo professionalmente ludico.