Torino 38 – Las niñas di Pilar Palomero: impadronirsi della voce

C’è un momento decisivo in Las niñas, una sequenza di grande impatto emotivo che ben traduce il disagio e la frustrazione della protagonista Celia. A scuola, durante l’abituale visita medica, con gli occhi indiscreti di suore e compagne puntati addosso come fari, la ragazza deve mostrarsi e pronunciare il proprio nome ma dalla sua bocca esce un suono sottile e soffocato, una risposta impercettibile che alimenta il suo malessere e l’ironia di chi guarda. È questo il cuore di un film costellato dalla recursiva volontà di mettere in scena l’esperienza di angoscia e solitudine nell’attraversare il dramma della pubertà, in cui la voce si manifesta segno concreto di una fatica ma pure matrice di una risposta a quella domanda che ciascuno conserva dentro di sé e, al tempo stesso, rappresenta per gli altri. Non casualmente il cerchio si apre e si chiude su quel coro: non solo Celia troverà la forza di usare la sua voce per cantare (all’inizio le viene suggerito solo di muovere le labbra e di non cantare), ma anche prenderà parte a un collettivo rigettando la dimensione di abbandono da cui si sente inghiottita.

 

 

 

La vicenda dell’undicenne Celia (interpretata dalla sorprendente Andrea Fandos), che studia in una scuola di suore nella Saragozza del 1992, orfana di padre e sola con la madre, alle prese con nuove amicizie e scoperte, divisa tra uno stile di vita tradizionale e uno ben più moderno, fortemente caratterizzato dall’emancipazione, quindi si schiude come il ritratto di una giovane donna e della sua trasformazione guidata da un’indagine urgente e necessaria. La ricerca della verità governa il suo malessere ma pure, idealmente, raffigura un sentimento diffuso che accompagna un’intera generazione provata e provocata dai mutamenti sociali e culturali nella Spagna dei primi anni Novanta: tanto il boom economico favorito dalle Olimpiadi di Barcellona e dall’Esposizione universale di Siviglia quanto l’esplosione di tensioni a lungo contenute, ereditate dagli anni bui del franchismo, sono la cifra di un’inquietudine percepibile da uno spettro di intrusioni mediatiche (la televisione, la pubblicità, le riviste, la musica) manifesto di un maschilismo imperante.

 

 

Las niñas è l’esordio della regista Pilar Palomero nel lungometraggio di finzione. Presentato al Festival di Berlino nel 2020, traccia con misura e delicatezza il solco di un passaggio esistenziale segnato da contraddizioni, piccoli gesti, semplici abitudini, riti minimi e poveri ma ricchi di vitalità: il rossetto sulle labbra, le canzoni che ispirano, la curiosità sul sesso, la confusione delle novità, l’ingenua cattiveria, i frammenti di ribellione e i sensi di colpa.
Per tutte queste ragioni non deve meravigliare che si tratti di un film chiuso (a partire dalla scelta del formato), con rare concessioni di respiro, concentrato anzitutto sui primi piani, che conduce lo spettatore ad attraversare la condizione della protagonista in balia delle onde di una crisi esistenziale, disorientata da un corpo che ancora non sboccia, che ancora non è in grado di trovare il suo luogo. Facilmente accostabile a Verano 1993 di Carla Simón, titolo con il quale condivide certe atmosfere ma soprattutto alcune questioni e il contesto storico, Las niñas prende spunto da una riflessione della regista: «Mi sono accorta che ricevevamo stimoli così contraddittori da essere quasi schizofrenici, perché in classe non si parlava di sesso e poi alla fermata dell’autobus trovavi la pubblicità della campagna sull’uso del preservativo per evitare la diffusione dell’AIDS? Volevo davvero spiegare com’era stata questa esperienza, com’erano quei ricordi e come ci hanno plasmati come generazione: credo che sia lo stesso anche per chi non ha frequentato una scuola gestita da suore o preti, per chi è andato in una scuola laica. Mi è sembrato che fosse una riflessione che valesse la pena fare: come quell’educazione è stata ereditata da quella ricevuta dai nostri genitori?». Celia è alla ricerca di una presenza che la accolga, riconoscendola per quello che è: un’anima inquieta, colma di domande, in attesa di essere amata. Il film si chiude sul suo sguardo che, non meno di prima, denuncia una fragilità urtante ma, più di prima, è disposto a sostenere una nuova, inevitabile voce.

 

A noleggio su My Movies fino al 23 novembre: https://www.mymovies.it/ondemand/38tff/movie/las-ninas/