Trento Film Festival 70 – Into the Ice di Lars Ostenfeld: un disastro in slow motion

Primo lungometraggio del danese Lars Ostenfeld, Into the Ice è un viaggio alla scoperta del ghiaccio e del segreto che nasconde sul nostro futuro, un film testimonianza che cattura il presente nel suo divenire, un’immersione profonda tra le pieghe e le sfumature di terre lontane e nascoste, grotte, canali, crateri, reperti di una storia raccontata a cielo aperto. Insolito nella struttura, praticamente costituita da tre parti episodiche ma convergenti, forte di una forma che si appoggia su immagini incantevoli e feroci, e capace di distinguersi da operazioni analoghe riuscendo a svincolarsi da dati e numeri ma facendo leva su grafici animati, Into the Ice accompagna lo spettatore alla conoscenza di tre sguardi che osservano i cambiamenti climatici e le trasformazioni del tempo. Tre diverse prospettive: c’è chi va indietro nel tempo per comprendere la struttura e la dinamica dei flussi di ghiaccio, chi si tuffa all’interno del ghiaccio, e chi rimane in cima al ghiaccio. Gli occhi che guardano sono dei principali scienziati al mondo impegnati in spedizioni pionieristiche verso e all’interno della calotta glaciale della Groenlandia: la paleoclimatologa Dorthe Dahl-Jensen e i climatologi Jason Box e Alun Hubbard spendono la propria vita per raccogliere nuovi dati fondamentali per aiutarci a rispondere ad alcune domande chiave del nostro tempo. Quanto rapidamente si sta sciogliendo il ghiaccio? Quanto velocemente si sta alzando il livello del mare? Quanto tempo ci rimane per cambiare il corso di questi eventi? Gli scienziati sono di fronte a un dilemma: mentre raccolgono nuove prove di una verità scomoda, le persone al potere non sono disposte ad agire per evitare che la Terra muoia. 

 

 

 

L’americano Box è forse il fulcro narrativo più lineare del film in quanto offre un contributo schietto e semplice riguardo la sua ricerca specifica sugli effetti allarmanti dell’aumento delle precipitazioni sul ghiaccio in scioglimento; Hubbard, al contrario, appare ai nostri occhi come la figura dell’avventuriero temerario, colui che scende nelle viscere della terra con la corda per quasi 600 piedi nel moulin di un ghiacciaio, un vasto pozzo verticale formato nel corso dei secoli da una crepa; l’accademica Dahl-Jensen, benché poco presente in scena, conferisce al film un tono più canonico e riverente in quanto presenta l’esame forense del ghiaccio millenario per costruire una sequenza temporale del cambiamento climatico a lungo termine. In costante equilibrio tra divulgazione scientifica e viaggio alla scoperta della storia della terra, il film di Ostenfeld alterna emozioni profonde a momenti spettacolari, tanto nella rappresentazione del rapporto uomo-natura, in cui distese innevate e masse ghiacciate schiacciano letteralmente il corpo umano, quanto nella traduzione in presa diretta di una misteriosa e contraddittoria attrazione-repulsione che sembra legare l’uomo al ghiaccio e alla terra. Esemplare, in questo senso, il contributo offerto dalle due sequenze più impattanti del film.

 

 

La prima è quella dell’improvvisa e violenta tempesta di neve, dalla quale Hubbard e il compagno giapponese devono proteggersi tagliando e impilando rapidamente giganteschi mattoni di ghiaccio e in cui la natura mostra tutto il suo tremendo splendore; la seconda, ovviamente più calibrata e costruita, è quella in cui Hubbard scende nelle profondità del ghiaccio in un silenzioso scenario ancestrale, consegnando allo spettatore gli enigmi di una storia lontana. Qui, mentre lo scienziato è costretto a fare i conti con l’instabilità del pavimento del ghiacciaio e lo spettatore percepisce il pericolo e il valore del limite intercettando i minacciosi spostamenti e rimbombi della materia, il film restituisce il suo senso compiuto: la fragilità, mutevolezza, precarietà naturale, in balia di condizioni a cui, ci viene detto, ci vorrebbe un’altra era glaciale per rimediare, è un monito allarmante ampiamente sottovalutato. Per Ostenfeld «la natura sta cercando di dirci qualcosa ed è esausta per lo sforzo: volevo trascorrere del tempo sul ghiaccio con gli scienziati per mostrarli al lavoro, raccogliere i dati sui cambiamenti climatici, mettere insieme la “verità di base”. Non è un film sui cambiamenti climatici con dati; è un film d’avventura sull’ottenimento di questi dati».