A Cannes Spike Lee se ne andava in giro con le mani guantate, come un pugile, stile tirapugni, con due scritte: Love & Hate. Le stesse che, scritte a inchiostro, aveva Robert Mitchum in La morte corre sul fiume. Spike Lee, le sue scritte/marchio, le porta in segno di lutto/protesta/ribellione. BlacKkKlansman racconta del primo poliziotto nero infiltrato nel Ku Klux Klan. Come fa un nero a infiltrarsi nel gruppo più razzista dei razzisti Stati Uniti? La storia è vera. Spike Lee l’ha tratta da un libro. Accadde nei primi Anni 70, quelli delle pettinature afro (per fratelli e sorelle nere, già no gender) e dei pantaloni a zampa. Successe che un nero appena entrato in polizia e vittima di un certo mood razzista, decise di telefonare al Klan. Facendosi passare per uno di loro. Quando la cosa andò avanti e si pensò di infiltrarlo, il poliziotto nero fu affiancato da un collega bianco: uno rispondeva al telefono, l’altro entrava nel KKK. John David Washington, nel film, è il nero al telefono. A 8 anni, un giorno, accompagnò papà sul set di Malcolm X. Papà è Denzel Washington. “All’epoca non gli feci dire neppure una battuta. Adesso è un uomo. Recita in tv nella serie Ballers. Produce di suo. È impegnato, non solo sul lavoro. Mi ricorda suo padre per la serietà che mette in ciò che fa“, dice il regista. Prossimamente, Washington jr, lo vedremo accanto a Robert Redford in Old Man and the Gun.
Il diritto alla felicità
L’amore e l’odio sono le fondamenta della mia nazione. Che nella costituzione parla di diritto alla felicità ma poi, da sempre, porta avanti il genocidio dei neri, degli schiavi, di tutte le minoranze. Per questo sentivo il bisogno di lanciare un allarme con un film. Non mi interessa quello che scriveranno i critici, non sono preoccupato per ciò che potrà pensare il pubblico. Ho la consapevolezza che questo film andava fatto e che siamo dalla parte giusta della Storia.
Un finale differente
Sinceramente non ricordo come doveva finire. Mentre avevamo quasi finito di girarlo, nell’agosto del 2017, a Charlottesville, prima gli scontri tra razzisti e neri e poi la morte di un’attivista schiacciata da un membro del KKK mi hanno fatto decidere di inserire quelle immagini. Di oggi. Vere. Ho telefonato ai parenti della ragazza. Ho chiesto il permesso di poter inserire le immagini della loro figlia schiacciata solo perché stava manifestando il suo desiderio di vivere in pace insieme ai suoi fratelli di un altro colore, un’altra religione, un’ altra razza. Perché il razzismo crescente è anche contro gli ebrei e le altre minoranze. E non accade solo in America. Il razzismo sta crescendo ovunque nel mondo. L’odio per chi senti diverso.
Contro la destra
Non è un film contro Donald Trump, quel motherfucker del nostro presidente. È un film contro questa deriva a destra che sta prendendo il nostro mondo. Poi lui è lì, a Washington, ha i codici nucleari, mentre io non ho niente se non il mio fare film. Sono loro la mia arma. Lo sono i miei film, le mie storie, come questa che viene dal passato e si incastra nel presente. Mostro Trump che non solo non accusa i suprematisti, ma quasi li difende. Mi viene da citare il film di Peter Weir, Un anno vissuto pericolosamente. Lui, il nostro motherfucker alla Casa Bianca, ci fa vivere così…Ecco perché a un certo punto il mio film passa dagli ’70 all’oggi. Ecco perché ho voluto mettere accanto a dei giovani neri e bianchi di oggi, un attore/amico come Harry Belafonte che a 91 anni racconta ciò che ha visto coi suoi occhi.
Girare in pellicola
Sono stato felice di tornare a girare in pellicola, ne sentivo davvero il bisogno. In video devi pensare in modo differente, fare i conti con una profondità di campo molto diversa. Dall’inizio del progetto ci siamo confrontati con lo stile, il mood dei film degli anni Settanta. Per il lavoro sulle immagini è stato fondamentale condividere ogni idea e suggestione con il mio direttore della fotografia, Chayse Irvin, che forse conoscete perché ha dato prova del suo talento con la fotografia del video Lemonade di Beyoncé.
I nuovi talenti
Io ormai ho 61 anni, faccio questo lavoro da più di trent’anni e posso affermare di averne viste di tutti i colori. Era anni che non capitava di trovare così tanti talenti (penso soprattutto agli attori), un sangue nuovo importantissimo che sul set ha portato entusiasmo e una amalgama perfetta. Da sempre credo che riuscire a girare un buon film sia una sorta di miracolo e una sfida molto dura perché ci vuole il lavoro e la buona volontà di una squadra. Se mi guardo indietro posso affermare di essere stato benedetto da grandi talenti che hanno scelto i miei film.