È passata la tessitrice di sogni ed è stato bello! Due giorni a Taranto: Patti Smith, sua figlia Jesse Paris, un incontro in università e un concerto sulla Rotonda del Lungomare davanti a una folla incredibile. L’hashtag è Medimex 2019, grande evento musicale pugliese (4-9 giugno) che da due anni sta a Taranto. Prima di lei ci sono stati gli Editor e Liam Gallagher, ma con Patti Smith è davvero un’altra cosa, storia di un abbraccio vero, una di quelle cose che restano, non si smontano col palco e partono per l’ennesimo altrove. Più che altro sembrava la pagina di uno dei suoi magnifici libri, vibrazioni di memorialistica in atto quotidiano, colte sul farsi delle percezioni, sui momenti dell’esserci. Ecco, esserci : bisognava esserci per capire. Bisognava vedere il modo in cui dal palco letteralmente parlava a ognuno dei volti di quella straordinaria folla, dialogava leggera e lieta a una città che sta lottando, nel suo solito isolamento, contro lo skyline di ciminiere e parchi minerari, contro il record di nascite con malformazioni, contro l’ipotesi assurda di mettere lavoro e salute sulla stessa bilancia, avendo come tara gli “interessi strategici nazionali”. Più che un concerto, quello del 9 sera a Taranto è stato un dialogo sulla possibilità di vedere le cose diversamente, una lezione sulla bellezza che sta dentro il nostro sguardo. Patti Smith ha guardato la ferita e ha capito che nasce soprattutto dal sentimento di solitudine che una città come Taranto si porta dentro: per quanto sulla Rotonda del Lungomare ci fosse una folla sterminata, Patti Smith ha costruito una narrazione straordinariamente intima e corale per una serata che è stato un vero abbraccio.
La sua sensibilità ambientalista, alimentata dall’impegno della figlia Jesse, alle tastiere sul palco tarantino, è stata il catalizzatore di un rapporto con la città che l’artista ha vissuto come autentico. Non c’è stato il corpo sacro della star che si offre al luogo, ma la sacralità del luogo incarnata nel corpo sacro della star con la sensibilità di chi non attraversa spazi, ma vive momenti. La differenza sta proprio in questa capacità di produrre sonorità e non suoni, perché ascolta vibrazioni e non rumori. La gioia che Patti Smith ha espresso sul palco del concerto era la stessa che ha segnato il suo incontro in Università governato da Ernesto Assante: la musica serve a comunicare, bisogna imparare a dare valore a ciò che si vive, a disarmare la cecità dei potenti, Trump per primo…La musica del concerto ha seguito la playlist ideale di una carriera che ha sacralizzato il rock celebrando la poesia, questione di ritmo e di immagini, orgoglio di una visione che sul palco tarantino ha percorso un immaginario rigenerativo, storie di resistenze, resurrezioni, innamoramenti e potere… Da Ghost Dance a Gloria, passando per Beds, Beneath The Southern Cross, Dancing Barefoot, Pissing in a River… Attingendo a Can’t Help Falling in Love (cover dedicata esplicitamente alla città “che ha una grande energia, una luce straordinaria, dovete volere bene al posto in cui siete”) e toccando naturalmente la notte che appartiene agli innamorati e il sempre più indispensabile inno al potere che è della gente, delle persone:“don’t forget it”…