Si comportano come due bambini Tim (Pio Marmaï) e Chloé (Camille Rutherford) sotto lo sguardo vigile della figlia Tommy (Rita Merle), alla quale – in questo gioco di ruoli invertito – spetta il ruolo dell’adulto: spesso la vediamo osservare con distacco e sufficienza i genitori dal sedile posteriore dell’auto (come nella scena in cui i due cantano a squarciagola la canzone di Albano e Romina che dà il titolo al film), o totalmente isolarsi con le sue cuffie rosse antirumore quando la situazione si fa per lei insostenibile. Nella scena con cui si apre Felicità – secondo lungometraggio di Bruno Merle che torna dietro la macchina da presa a distanza di tredici anni dopo Héros, presentato alla Semaine de la Critique nel 2007 – i due al tavolo di un bar rivelano alla bambina che è stata adottata e che il suo vero padre è in realtà il rapper Orelsan che viveva con la coppia prima del successo e che un giorno se ne è andato lasciando la neonata ai due amici, ma che adesso potrebbe essere disposto a riallacciare i rapporti con lei. È un incipit che dà il tono a tutto il film: far credere cose possibili, ma spropositate e soprattutto non vere, solo per il gusto di vedere se la vittima designata ci casca, è il modo che la coppia ha adottato per affrontare la vita di ogni giorno. Invenzioni che possono incidere pesantemente sulla realtà (come nel caso della sparizione di Chloe) e che comportano conseguenze inevitabili perché, e questo è l’altro concetto cardine del film, se è vero che c’è sempre una scelta, non sempre viene fatta quella giusta. Solo a Tommy – e allo spettatore con lei – sarà concesso di sperimentare fino in fondo lo sliding doors. Nella sequenza in cui attende nel cuore della notte, in auto in mezzo al nulla, il ritorno del padre, la bambina ha l’occasione di confrontarsi con il cosmonauta (interpretato dallo stesso Orelsan) che compare a più riprese come presenza silenziosa, una sorta di grillo parlante/Lucignolo, che le prospetta due possibili scenari a seconda della decisione che prenderà: rimanere seduta in auto ad aspettare o seguire il padre.
Una famiglia decisamente atipica quella di Felicità, che vive alla giornata, occupando le case di persone in vacanza (dove Chloé fa le pulizie) o su una barca per il resto del tempo, rigirando le scene quando i toni non sono appropriati per ottenere la giusta reazione. «Diffida della normalità perché i mostri sono le persone normali» è il consiglio che Tim dà alla figlia prima di farle vedere in videocassetta Freaks di Tod Browning, mentre la richiesta di Tommy va esattamente in senso opposto: il desiderio della normalità rappresentata dal ritorno a scuola alla fine delle vacanze. Il film si concentra proprio sulle ultime 24 ore che precedono il ritorno a scuola alle 8 del mattino, appuntamento che Tommy non è intenzionata a mancare nonostante sia costellato di insidie (le compagne che la prendono in giro per l’altezza e che la guardano dall’alto in basso), ma che rappresenta un tassello fondamentale per la sua crescita. Merle che oltre a dirigere è autore della sceneggiatura, sembra particolarmente interessato al rapporto padre-figlia (come dimostra anche Il principe dimenticato, film da lui scritto e che doveva girare, ma poi affidato a Michel Hazanavicius) tanto che ha costruito il ruolo di Tommy sulla sua stessa figlia, Rita, anche interprete del personaggio. Una commedia dei buoni sentimenti che sfiora il road movie e lambisce il coming of age e che tra sparizioni, agnizioni, furti, fughe, presenze fantasmatiche e soffitte abitate non si fa mancare davvero nulla.
L’11a edizione di MyFrenchFilmFestival è in streaming fino al 15 febbraio