Finalmente arriva l’ultimo giorno di scuola e Antoinette (Laure Calamy), maestra di scuola elementare, può partire in vacanza per un’intera settimana con Vladimir (Benjamin Lavernhe), padre di una sua alunna e suo focoso amante da qualche mese. Ma alla recita di fine anno, lui le comunica che la moglie (Olivia Côte) ha prenotato proprio nella stessa settimana, per la loro famiglia, un trekking sul cammino di Stevenson (272 km nelle Cévennes, catena montuosa della Francia meridionale). Antoinette accusa il colpo, ma reagisce a tempi di record optando per la stessa vacanza, nella speranza di incontrare lungo il percorso l’amato. La donna prenota il pacchetto completo che comprende anche un asino, Patrick, che le darà filo da torcere. Poco avvezza alle camminate che affronta con la sua inseparabile borsetta a tracolla, dopo il primo faticoso giorno pensa di mollare tutto e tornarsene a Parigi, ma passo dopo passo entra in relazione con l’ambiente circostante, con i viaggiatori che incontra nelle varie tappe e soprattutto con l’asino che da un certo punto in avanti si muove solo se sente la sua voce e che di fatto diventa il suo confidente. Diventa anche una celebrità tra i gruppi di escursionisti che si ritrovano la sera a cenare e dormire negli stessi rifugi perché ormai tutti conoscono i dettagli della sua storia e soprattutto il motivo che l’ha spinta ad affrontare questa vacanza da sola scatenando l’ammirazione in alcuni e in altri (pochi) la riprovazione. Una fama che addirittura la precede e che lei gestisce con grande naturalezza, anche grazie alla sua incredibile capacità di entrare in empatia con le persone. Novella Biancaneve in un mondo incantato (deliziosa la scena in cui si sveglia circondata dagli animali del bosco), impara giorno dopo giorno a superare le sue nevrosi.
Una lunga e impegnativa camminata a tappe che si configura come una seduta terapeutica. I momenti di conflittualità con Patrick si alternano a quelli sempre più frequenti di sintonia («C’è chimica fra voi, è forte», riconosce la veterinaria-guaritrice che compare in sella al suo destriero) e grazie a questo percorso fuori e dentro se stessa, Antoinette ha modo di riflettere per la prima volta sulla natura delle sue relazioni amorose finendo per trovare in sé un equilibrio, una forza e una determinazione insospettate. Un racconto di emancipazione con una coppia comica inedita (Antoinette e Patrick) dai tempi perfetti. Io, lui, lei e l’asino (Antoinette dans les Cévennes) si regge interamente sulle spalle di Laure Calamy, che abbiamo amato e apprezzato in Chiami il mio agente (con il suo fisico e il suo sguardo da pin up sembra abbonata ai ruoli di amante), e che qui ha finalmente il suo primo ruolo da protagonista, premiato con il César per la miglior attrice. Per il suo personaggio Caroline Vignal, che torna dietro la macchina da presa a distanza di vent’anni da Les autres filles ha dichiarato a France Culture di essersi ispirata a «Delphine nel Raggio verde, anche lei una donna in difficoltà, in estate, che alla fine ritrova la luce». Atmosfere western e riferimenti alti da Rohmer, appunto, a Bresson (era da Au hasard, Baltazar che un asino non era coprotagonista di un film) e soprattutto a Viaggi con un somaro nelle Cévennes di Robert Louis Stevenson, pubblicato nel 1879, che Antoinette inizia a leggere in viaggio e che la guida per tutto il percorso. Come lui Antoinette cammina per dimenticare le pene d’amore (per lo scrittore si trattava di quelle causate da Fanny Osbourne, sposata, da cui per un periodo era stato costretto a separarsi). «Io non viaggio per andare da qualche parte ma per viaggiare; viaggio per il piacere di viaggiare», questo il motto di ogni vero viaggiatore: sulle tracce di Stevenson (e di Antoinette e Patrick) c’è da scommettere che saranno molti i turisti che quest’estate percorreranno il suo cammino, il GR70.