L’amore irreversibile: Adorazione di Fabrice du Welz

Credi in me? Chiede Gloria a Paul. Lui annuisce, sembra non poterne fare a meno, di guardarla, di seguirla, spinto e attratto da una forza interiore che pare ricevere un contorno e una sostanza nei rigidi paesaggi offerti dalle Ardenne. Paul crede a Gloria perché la vede in un altro modo intercettando il suo mondo fatto di tenerezza, rabbia, visioni, incubi, grovigli e dolore: volto dolce, corpo spigoloso, sguardo accecante, fascino ambiguo che guida una silenziosa e graduale ribellione interiore. Non si può credere, non si può amare senza conoscere. Così Paul si lascia attraversare da Gloria riconoscendosi al centro di un viaggio, di una crescita, di un cambiamento, di una novità. E lui la adora mentre la teme. Da questo sentimento contraddittorio non privo di sangue, lividi, traumi e incomprensioni nasce la fuga d’amore di cui si nutre Adoration ideale terzo capitolo con cui Fabrice du Welz conclude la sua personalissima trilogia sull’amore estremo composta da Calvaire (2004) e Alleluia (2014). Il dodicenne Paul (Thomas Giori che ricorda tanto l’Igor de La promesse), figlio di una dottoressa in un ospedale psichiatrico, incontra Gloria (come la protagonista di Alleluia, l’infermiera) e se ne innamora. Lei è una paziente dell’ospedale anche se nega di soffrire di disturbi mentali.

 

 

Dal primo, fugace momento vissuto lontano dal controllo degli adulti nasce una storia travolgente che condurrà i due a fuggire e perdersi per centinaia di chilometri alla ricerca di un approdo, un posto dove andare, una salvezza, la libertà. Stiamo vicino all’acqua, ripete Gloria a Paul. E così fanno. Seguono l’acqua come elemento creativo, generativo e purificatore, riflesso di una vita che non vuole spegnersi dentro i confini austeri delle istituzioni, delle regole del mondo adulto, dell’oppressione di legami inaffidabili. L’acqua, il fuoco, il verde della foresta, il suolo, il cielo. Tutto il film di Du Welz è concepito come un unico grande atto di culto nei confronti di una Natura potente e selvaggia, specchio di un’emotività instabile ma anche riflesso di un cinema materico e spirituale capace di far immergere lo spettatore in un’esperienza sovversiva e caotica, dove l’immagine permea i silenzi, la distanza tra i corpi, gli sguardi tra Paul e Gloria restituendo rara intensità e profondità. Come l’amore che per Paul è dono e accoglienza ma anche fiducia totale, svincolata e sfrenata da ogni previsione e calcolo, illimitato e ingiustificato, gratuito. Du Welz però riesce ad andare oltre la narrazione di una convenzionale fuga d’amore intrisa di romanticismo e trascendenza, furore e tremore: prima smontando la struttura del genere contaminandolo con l’horror, poi ribaltando completamente le regole del gioco con un finale altrettanto estremo e imprevedibile, provoca lo spettatore mettendolo di fronte all’apparente assurdità di una scelta irreversibile. Adorare, credere, vedere. Amare. Paul non può farne a meno. Chi potrebbe?