Un momento di follia è il remake di Un moment d’égarement, commedia di Claude Berri girata nel 1977, e interpretata da Jean-Pierre Marielle, Victor Lanoux, Christine Dejoux. Oggi ricompare sugli schermi ed è oggi firmata da Jean Francois Richet (che con Cassel aveva già lavorato per i due film Nemico Pubblico N.1, dedicati a Jacques Mesrine, il gangster più ricercato di sempre in Francia). Nel film Vincent Cassel e François Clouzet sono Antoine e Laurent, amici da una vita che organizzano una vacanza in Corsica con le figlie 17enni. Qui Louna, figlia di Antoine, perde la testa per l’amico di papà. Cassel in tour promozionale a Roma per il film ha trovato il tempo di attaccare i doppiatori italiani e il loro esorbitante “potere”.
Come nasce il film
La verità è che il figlio di Claude Berri è il produttore di questo film. In passato abbiamo lavorato insieme due volte e volevamo farlo ancora. E io cercavo una commedia, perché non ne ho mai fatta una. E poi il contesto, a distanza di 40 anni è cambiato. Abbiamo cambiato il soggetto principale rispetto al film originale. Era una storia d’amore impossibile. Oggi è una storia di amicizia tradita. I rapporti fra uomini e donne sono più equilibrati. Noi uomini abbiamo oggi la possibilità di essere più femminili, di stare più vicino ai figli e questo è la parte bella di questo cambiamento. Ma quando sento che a una donna, come complimento, le si dice “hai le palle”, penso che sia terribile.
Sono un cinquantenne
Sì è vero, sto per compiere 50 anni ma continuano a chiamarmi per parti di seduttore. Se guardo alla mia carriera ho sempre fatto il ruolo del cattivo o di quello strano. Oppure un vigliacco, come questa volta. Ma il principe azzurro non fa per me, perché a me non piacciono i principi, neanche le principesse. Preferisco le cose che sono piu’ vicino alla realtà. Mi è piaciuto molto lavorare con Maiwennin Mon roi: senza testo, senza battute, c’era una sceneggiatura ma alla regista piacciono gli accidenti del caso, gli imprevisti e anche a me.
L’attore
Fare l’attore non è un lavoro. È un piacere. Quando funziona bene è una cosa meravigliosa. Ma quando non lavori non c’è più niente. Devi trovare il modo di riempire il vuoto e non è facile. Forse sarebbe meglio scegliere qualche altra cosa. Soprattutto se ti fai prendere dall’ansia. A 5 anni volevo fare il veterinario, poi sempre e solo l’attore. Mi viene facile, naturale, amo l’immaginazione, la creatività, la libertà… In special modo la libertà di pensare, di progettare. La cosa bella dell’essere attore è che stai sempre lavorando. Se ti guardi bene intorno, c’è sempre qualcosa da rubare. Basta sapere osservare.
Futuro frenetico
In questo periodo lavoro tanto. Ho partecipato a due film in Brasile, dove vivo. Uno è Rio, I Love You, un film collettivo, undici corti che raccontano altettante storie d’amore e sono diretti da registi provenienti da tutto il mondo. Fra gli altri ci sono Paolo Sorrentino, Guillermo Arriaga, Im Sang-soo, Fernando Meirelles, José Padilha, John Turturro. Mi sono trasferito a vivere a Rio de Janerio e sto diventando un vero carioca. Poi ho girato il nuovo film della serie su Jason Bourne con Matt Damon e Alicia Vikander. Infine tengo molto a Juste la fin du monde di Xavier Dolan, tratto dall’omonimo spettacolo teatrale di Jean-Luc Lagarce, dove lo scrittore protagonista della vicenda torna nella sua città natale per annunciare la sua imminente fine alla famiglia.