3% è una serie TV brasiliana di fantascienza in tre stagioni, con una quarta in lavorazione, trasmessa da Netflix e creata da Pedro Aguilera. L’ambientazione è un Brasile futuristico diviso tra l’Entroterra, un territorio devastato da una catastrofe in cui regnano il degrado e la povertà, e l’Offshore, una terra promessa situata su un’isola con tutta la tecnologia e le risorse necessarie a renderla un paradiso. Ogni anno, al compimento dei vent’anni, i giovani dell’Entroterra si sottopongono al Processo, una serie di prove che determinerà i migliori fra loro, in una percentuale pari al tre percento, a cui sarà permesso di entrare a far parte dell’Off Shore. Il budget della serie è basso e si vede, ragion per cui la scelta della produzione è di mettere in scena una narrazione straight to the point, con una messa in scena spartana per quanto funzionale ed efficace e una narrazione che punta tutto sul contenuto e sulle idee, una fantascienza politica e sociale che riesce a semplificare senza banalizzare. La narrazione è chiara, il messaggio fin dalla sinossi sfiora il lapalissiano e le idee, a cui la caratterizzazione dei personaggi è funzionale, sono il punto di forza di una serie TV che ha qualcosa da dire e lo dice nella maniera più diretta possibile. Questo non significa, tuttavia, che gli sceneggiatori si siano adagiati sugli allori riproponendo il trucco della contesa a ogni stagione. Il Processo, infatti, viene raccontato nella sola prima stagione, il resto della serie è un trattato di realpolitik asciutto e parecchio diretto ma non per questo meno solido o complesso.
Se il messaggio di base è infatti ben chiaro a partire dalla sinossi, 3% non si limita a parlare di disparità sociale e degli effetti dell’esclusione di grandi masse di persone dalla distribuzione delle risorse e del benessere. L’esplorazione delle scelte e delle conseguenze procede infatti in due sensi e anche la lotta politica degli ultimi e degli esclusi, nelle sue possibili declinazioni, viene sviscerata con lucidità impietosa. I ribelli non sono eroi, ma sono esseri umani consumati dal peso delle proprie decisioni. A volte entrano in una forma mentis da cui non riescono più a uscire, a volte perdono sé stessi in un doppio gioco continuo che li annulla e li ricostruisce di continuo e a volte, in un modo o nell’altro, finiscono per confondersi con i loro nemici fino a non poterne più essere veramente distinti. I rovesciamenti e i cambi di fronte sono numerosi, e spesso la serie arriva a un pelo dal saltare lo squalo senza per fortuna mai farlo sul serio, riuscendo a mantenere una coerenza e una credibilità anche quando le idee sembrano vicine a esaurirsi. Non a caso pare che l’ultima stagione sarà la quarta. Nella sua semplicità, 3% funziona. Magari non stupisce, specie un pubblico come il nostro abituato a produzioni con un portafoglio ben più gonfio alle spalle, ma è comunque una serie valida, interessante anche perché viene da un paese di cui ci arrivano poche opere di questo genere, non saprei dire se perché non vengono prodotte o non vengono distribuite. Una speculative fiction niente affatto priva di contatti con la scena mondiale, ma con un sapore tutto suo.