Man from Tokyo – Caccia all’oro

La febbre dell’oro (Charlie Chaplin, 1925 e poi 1942, in versione con sonoro) continua a salire e il malumore serpenteggia (Cochi e Renato, Il reduce, 1973). Il quarto giorno senza nessun italiano sul gradino più alto del podio, con relativo slittamento al quindicesimo posto del medagliere, è molto più di un campanello d’allarme. La spedizione azzurra è ferma all’oro conquistato nel taekwondo dal non ancora ventenne Vito Dell’Aquila e i sei argenti e gli otto bronzi rappresentano al momento una consolazione da poco. Al momento, perché se si incrementasse il bottino del metallo più prezioso, i secondi e terzi posti conterebbero, eccome. Le cinque nazioni che ci precedono a quota 2 hanno infatti un totale di medaglie inferiore e quindi verrebbero messe alle spalle. Il problema é appunto muovere la prima colonna, tenuto anche conto che di solito nella seconda parte dei Giochi l’Italia raccoglie qualcosa di meno, visto che le nostre tradizionali miniere d’oro, scherma e tiro, chiudono in anticipo e che l’atletica regina della seconda settimana non sembra promettere granchè.

 

 

Intanto ci si consola (si fa per dire) con i primati di longevità. Federica Pellegrini ha disputato ieri la sua quinta finale olimpica consecutiva, come mai nessuna ondina al mondo (più complicato sarebbe fare il conteggio degli uomini che ha dichiarato pubblicamente essere quelli della sua vita…) e lo sciabolatore Aldo Montano, ormai prossimo ai 43 anni (e a sua volta con una vita privata assai poco privata) ha conquistato l’argento a squadre. Avvenimenti che non ho seguito di persona, avendo optato per una visita a Casa Italia (ricordate? Quella della soft opening) dove ho avuto il piacere di ritrovare vecchi amici, il cibo italiano e anche le bollicine (era il mio compleanno…) e nel pomeriggio per Italia-Australia, secondo impegno della nazionale di basket. In estrema sintesi un trionfo seguito da una delusione. Gli azzurri di Sacchetti sono stati infatti battuti 86-83, risultato anche stavolta fuorviante, perché i verdeoro nel finale non hanno mai rischiato di essere agguantati da un’Italia che ha sofferto enormemente a rimbalzo (44-30 con ben 16 palloni concessi sotto il proprio tabellone) e ha avuto un contributo modesto in difesa come in attacco (5 punti) da Danilo Gallinari, teoricamente la sua stella, in assoluto l’italiano più pagato presente ai Giochi. In zona mista il giocatore, ieri impiegato poco meno di 19 minuti e tenuto in panchina nel finale, ha escluso di avere problemi fisici, mentre Sacchetti ha semplicemente rivendicato il proprio diritto di utilizzare nei minuti decisivi chi ritiene più utile alla causa. Da ieri è ufficialmente lecito ipotizzare che l’ala degli Hawks, assente al trionfale preolimpico azzurro in quanto impegnato nei play off Nba, sia di fatto un corpo estraneo alla squadra. L’accesso ai quarti di finale resta comunque alla portata dell’Italia, che tornerà in campo sabato per affrontare la Nigeria, ancora a zero punti, nell’ultimo impegno del girone di qualificazione. Ciascuno dei tre raggruppamenti promuove le prime due classificate e le due migliori terze. In pratica si gioca una settimana per eliminare quattro squadre sulle dodici in lizza, dopo aver disputato a fine giugno quattro serratissimi tornei preolimpici che hanno privato i Giochi della presenza di squadre come Serbia, Grecia, Lituania e Brasile. Papipapipapi (suono della sirena dell’ambulanza che dovrebbe ricoverare l’inventore della formula).

 

 

Da un paio di giorni mi ripromettevo di raccontare un singolare incontro o meglio ancora un incontro con un personaggio singolare, un giapponese di una cinquantina d’anni – tra poco capirete come è avvenuta la datazione – che mi ha avvicinato alla fermata della navetta a due passi dall’hotel. Senza chiedere alcun permesso, ha afferrato il pass che portiamo sempre al collo, l’ha avvicinato agli occhiali dalle lenti spesse e ha esclamato con evidente soddisfazione: italiano! Ho annuito con un’evidente diffidenza che avrebbe potuto essere anche scambiata per fastidio, ma il mio interlocutore non l’ha colta o l’ha ignorata per cominciare a pormi una serie di domande. Scontatissime, ma formulate in un ottimo italiano. Incuriosito, ma ancora diffidente e forse infastidito, gli ho chiesto come avesse imparato la nostra lingua. “A Roma, dove ho trascorso un mese grazie a una borsa di studio dell’università nell’estate del ’90”. E in un mese ha imparato cosi bene l’italiano? E in trent’anni non l’ha dimenticato? Sarà tornato altre volte… “Mai. Ma l’italiano è facile per i giapponesi: i suoni sono simili. Invece l’inglese per noi è ostrogoto”. Sì, ha detto proprio ostrogoto. E allora ho pensato che mi prendesse in giro, che magari avesse sposato un’italiana o frequentasse il Belpaese per motivi di lavoro. Gliel’ho anche detto, ma ha negato ridendo di gusto. Peccato sia arrivata la navetta. Avrei tra l’altro voluto chiedergli come funziona la raccolta dei rifiuti. Non ci sono cassonetti, né tantomeno ho visto bidoncini in strada la sera o la mattina presto. E la città è pulitissima. Ma lo scoprirò. Raccolta rifiuti in inglese suppongo si dica garbage collection… Il problema sarà trovare un giapponese che parla bene inglese. Sembra incredibile, a maggior ragione in un contesto come le Olimpiadi, ma è davvero un’impresa. Sta a vedere che per loro è davvero ostrogoto…