Man from Tokyo – Sfiorando un miracolo

Un’inattesa serata Roc, che per meno di mezzo punto non è diventata La serata dei miracoli (Lucio Dalla, 1980) per le azzurre. La finale a squadre della ginnastica artistica femminile ha regalato emozioni dalla prima all’ultima rotazione, incoronando la Russia che non c’è, la squadra senza inno e senza bandiera che ha nettamente preceduto le favoritissime statunitensi, costrette a rinunciare alla Biles dopo il volteggio. E proprio il forfait della campionessa olimpica in carica,  per problemi di stress, oltre ad aver rimescolato i valori in campo ieri sera, pone l’interrogativo sul prosieguo dei Giochi di colei che era indicata come la signora e padrona della disciplina, oltre che l’avversaria più pericolosa della Ferrari nella finale al corpo libero. Vanessa dal canto suo ha confermato di attraversare un momento di grazia, migliorando il volteggio ed esprimendosi ancora ad altissimo livello nella specialità preferita. Saggiamente le sono state risparmiate trave e parallele e da oggi potrà preparare al meglio la gara della vita, che sarà con ogni probabilità anche l’ultima, in calendario lunedì 2 agosto. Gli obiettivi della vigilia erano quelli di migliorare il settimo posto della gara di qualificazione e appunto preservare Vanessa. Di più, dopo il forfait di Giorgia Villa, la numero uno della squadra azzurra, grande protagonista dello storico bronzo  Iridato del 2019, sembrava oggettivamente impossibile fare. E invece il combinato disposto della prova senza errori di Martina Maggio e delle gemelle Alice e Asia D’Amato e di qualche pasticcio delle avversarie ha consentito all’Italia di lottare fino all’ultimo esercizio per il bronzo, conquistato poi dalla Gran Bretagna per quel mezzo punto scarso che attenua la felicità per un piazzamento senza precedenti alle Olimpiadi.

 
 

 
 
Come probabilmente saprete, nessun tifone ha investito Tokyo, che ieri si è svegliata sotto una pioggerella fitta, sottile e calda e dal pomeriggio è tornata ad essere baciata dal sole. Evidentemente intristito per il declassamento a tempesta tropicale, il fronte perturbato (si vede che sono cresciuto a pane e Bernacca?) ha scartato di un centinaio di chilometri rispetto alla direzione ipotizzata, scaricandosi per lo più in mare aperto. In realtà, a parte l’allerta della tarda serata del 26, che comunque parlava di “possibile impatto”, le notizie più allarmanti provenivano dall’Italia e segnatamente dai siti specializzati, la cui specialità è annunciare situazioni estreme – sia che si tratti di irruzioni di “gelo polare” o di ondate di “caldo torrido” – per poi rivedere rispettivamente al rialzo e al ribasso le temperature man mano ci si avvicina alle date indicate. Uno stucchevole al lupo al lupo, che comunque non ci risparmia, quella volta che ci azzeccano, patetiche espressioni di autocompiacimento. Esattamente come avviene nelle testate sportive (e non solo) a proposito del calcio mercato. “Come da noi anticipato” è la formula più utilizzata per scrivere dell’ufficializzazione di un acquisto, fingendo di ignorare che nei giorni precedenti erano stati indicati quali obiettivi pressoché tutti i giocatori che si presumeva potessero cambiare casacca. É vero che per definizione il quotidiano dura un giorno e poi serve per fare i cappellini dei muratori e anche per scopi meno nobili ancorché apprezzabili sul piano dell’igiene personale; è altresì vero che la memoria non è la dote principale degli italiani, che comunque non sono sciocchi e sanno distinguere un’anticipazione attendibile da un mero esercizio di compilazione. In anni di professione mi sono poi convinto che il sensazionalismo sia la malattia infantile del giornalismo e mi indispettisco quando vedo titoli forzati e notizie urlate. Non producendo un bene di prima necessità e dovendo per di più fare i conti con chi fornisce un prodotto analogo a titolo gratuito, credibilità e autorevolezza, che dovrebbero essere comunque alla base dell’informazione, sono oggi semplicemente indispensabili. Perché se devo leggere una panzana, preferisco farlo senza mettere mano al portafoglio, ma se decido di spendere un euro esigo una qualità superiore rispetto all’offerta gratuita. Augh, ho detto.