Riccardo III di Kriszta Székely: l’eterno ritorno del male

«Questo nostro è un mondo schifoso.

È un mondo marcio».

 

Musica rock. Una casa che ricorda una baita o un castello. Schermi che trasmettono e amplificano immagini. Set allestiti per conferenze stampe. Talk show improvvisati. È questa l’ambientazione di Riccardo III per la regia di Kriszta Székely e l’adattamento di Ármin Szabó-Székely, nella traduzione di Tamara Török (tutto il cast artistico merita di essere menzionato: le scene di Botond Devich, i costumi di Dóra Pattantyus, le luci di Pasquale Mari assistito da Gianni Bertoli, il suono di Claudio Tortorici, i video di Vince Varga). Una riscrittura del dramma storico di William Shakespeare che si impone per la sua straordinaria attualità, soprattutto nel nostro tempo che inevitabilmente offre numerosi spunti. A partire dal tema della sicurezza su cui re Edoardo ha incentrato il suo regno e che anche per Riccardo «è la cosa più importante», passando per l’uso improprio dei fondi statali, l’appropriazione indebita, i soldi sottratti ai contribuenti, il danno erariale, la macchina del fango con le fake news costruite ad arte.

 

 

Dopo che re Edoardo (Francesco Bolo Rossini) ha tramutato «l’inverno del nostro scontento» in «estate gloriosa», la situazione degenera. Riccardo (Paolo Pierobon) che rivendica la scelta del male («Decido di essere malvagio») e già si è macchiato di omicidi, trama per dividere i fratelli e di fatto, dopo aver fatto arrestare «l’ingenuo, sciocco» Clarence (Stefano Guerrieri), insinuando che volesse prendere il posto del re, non vede l’ora di spedire la sua «anima in cielo». Contemporaneamente seduce Anna (Lisa Lendaro) a cui ha ucciso «padre e marito» prendendola in moglie e assiste al logoramento e alla successiva discesa verso la follia di Edoardo («Non c’è luce nei suoi occhi, non mangia, evita la luce del sole») fino al tragico epilogo. Prende poi di mira la regina Elisabetta (Elisabetta Mazzullo) e suo fratello Rivers (Alberto Boubakar Malanchino), i nipotini, Hastings (Matteo Alì), il più fidato consigliere di Edoardo che conosce fin da bambino. Grazie all’aiuto del fidato Buckingham (Jacopo Venturiero), che Riccardo chiama «mio altro me, mia cara doppia anima» – ma che verrà poi scalzato dallo scaltro Catesby (Nicola Lorusso) -, al silenzio omertoso del consigliere Stanley (Nicola Pannelli) e alla benedizione delle istituzioni (Chiesa e Senato), la sua ascesa procede inarrestabile fino all’incoronazione. A osservare dinamiche che si ripetono sempre identiche si aggira come una lupa ferita l’ex regina Margherita (Marta Pizzigallo), vedova di re Edoardo VI, e si materializza di tanto in tanto Cecilia (Manuela Kustermann), la regina madre, che disconosce il malvagio figlio «nato in una notte di tempesta, prima del tempo, con tutti i denti» e che finirà per maledirlo. Un percorso per conquistare il potere lastricato di cadaveri («ogni delitto trascina con sé un altro delitto»), che si accumulano in scena, presenze inquietanti in sacchi da obitorio.

 

 

«Ci è voluto molto tempo per capire l’intricata trama di relazioni nell’opera, il complesso lavoro di manipolazione di Riccardo, ciò che pensa in ogni momento della storia e la reazione di tutti i personaggi», dichiarano regista e drammaturgo nel libretto dello spettacolo. «Abbiamo quindi ridotto il numero dei protagonisti perché ognuno avesse una sua tridimensionalità: ne illuminiamo i lineamenti, lasciamo che esprimano i loro dubbi, che si rivelino pienamente quando intervengono o quando si mettono da parte, facendo trasparire una complicata rete di azioni e sentimenti». Un’operazione perfettamente riuscita che mette in rilievo ogni personaggio coinvolto, non lasciandolo sullo sfondo, ma dandogli spessore e credibilità. Ottimi tutti gli interpreti, perfetti in ogni momento (alcuni impegnati in più ruoli). Paolo Pierobon dà vita a un Riccardo memorabile: la sua deformità, il suo essere claudicante, emergono progressivamente con l’affermarsi della sua malvagità, il fascino che sprigiona e la destrezza nel sedurre, unite alla capacità di incutere timore e terrore, non sono mai messe in discussione. Riesce a fingersi fratello amorevole, cognato solerte, zio affettuoso, religioso zelante e devoto patriota: sono tutti ruoli che sta interpretando, in maniera becera e ipocrita, ma che sortiscono l’effetto desiderato. Finirà solo e sconfitto, come è giusto che sia, visitato dai fantasmi del passato che inveiscono contro di lui («Dispera e muori»), in preda al delirio («Un cavallo, un cavallo. Il mio regno per un cavallo»). Ma il lieto fine non è previsto: in questo che «non è un paese per donne», come dice Cecilia, anche l’ascesa al trono di Elisabetta non riesce a fare la differenza. La prima azione che la regina compie «per mantenere la pace» è l’acquisto massiccio di armi per proteggere il suo paese. La storia è destinata a ripetersi. Ieri come oggi.

 

 

@Photo Luigi De Palma

 

Torino, Teatro Carignano       7-26 marzo (prima nazionale)

Milano, Elfo Puccini                   28 marzo – 2 aprile

Lugano, LAC                                 5-6 aprile

Bressanone, Forum                   11 aprile

Bolzano, Comunale                    13-16 aprile

Casale Monferrato                      18-19 aprile

Pavia, Fraschini                           21-23 aprile

Trento, Sociale                             27-30 aprile

Modena, Storchi                           3-7 maggio

Padova, Verdi                                10-14 maggio

Roma, Quirino                              16-21 maggio