Dusty Hill: the show must go on

The Little Ol’ Band from Texas è diventata ancora più piccola. Dusty Hill, bassista e voce degli ZZ Top, è morto nel sonno il 28 luglio scorso. Lui, il fondatore del gruppo Billy F Gibbons (chitarra e voce) e Frank Beard (batteria) hanno suonato insieme per 51 anni ininterrotti (salvo qualche rara avventura solista di Gibbons di cui abbiamo riferito qui). Ultimo show assieme solo 10 giorni prima della scomparsa, qui potete vedere e ascoltare la sua ultima canzone, Tush, un grande classico cantato proprio da Dusty, il barbudo alla sinistra del palco. Si appoggia all’amplificatore, non è in gran forma per un guaio all’anca forse indipendente dalla causa di morte, dovuta pare a un arresto cardiaco. Aveva 72 anni e pochi giorni prima aveva deciso di saltare qualche data, dicendo però ai pard che lo show doveva continuare e consigliando come sostituto il tecnico delle chitarre Elwood Francis. La piccola, antica band dal Texas si è rimessa in moto quasi subito, trasformando il lutto in una composta fiesta che probabilmente a Dusty Hill, descritto da tutti come gioviale e bon vivant, sarebbe piaciuta.

 

Per il loro ultimo album La Futura (2012) aveva scritto per intenderci Chartreuse, una canzone dedicata allo champagne bevuto dai tres amigos durante un tour in Francia. Dusty Hill è stato un eccellente musicista, del resto il talento tecnico degli ZZ Top non è messo in discussione da nessuno. Diversa invece la considerazione della loro musica. Ricapitolando. Il trio esordisce nel 1969 e quattro anni dopo sforna un capolavoro del rock blues, Tres Hombres. Basso batteria e chitarra, due voci, una baritonale di Gibbons e quella un’ottava sopra di Hill. I momenti migliori quando si alternano nello stesso brano, come nella monumentale Beer Drinkers and Hell Raisers che potete ascoltare e vedere qua sotto nella sua magnificenza.

 

 

Suonano solo in tre ma sembrano 18. Seguono altri dischi al fulmicotone: Fandango! (1975) in parte live, Tejas (1976), Deguello (1979) e El Loco (1981) gli ultimi due ancora molto blues ma con qualche prima concessione al pop. Poi accade qualcosa. Gli ZZ Top, ma soprattutto Gibbons, si appassionano alla musica inglese – quella di allora!! – e cominciano a sperimentare suoni diversi, più commerciali, utilizzando batterie elettroniche (!) e sintetizzatori (!!). Il risultato (dopo un tour in UK durante il quale conoscono Jeff Beck che diventa loro amico e spesso collaboratore) è un disco intitolato Eliminator (1983), con il quale gli ZZ Top rinascono. L’eliminator del titolo è una macchina-van molto particolare costruita da Gibbons con alcuni tecnici artigiani automobilistici sulla base di un vecchio 1933 Ford Coupe, campeggia sulla copertina del disco e diventa il loro simbolo insieme alle barbe lunghe. Eliminator ha un successo siderale negli Stati Uniti, singoli come Sharp Dressed Man e Gimme All Your Lovin diventano hit, MTV dà una grossa mano programmando a ripetizione i loro videoclip pieni di macchine e gnocche da paura (qui il più celebre).

 

 

Ma il blues? Un pallido ricordo. L’enorme successo americano di Eliminator resta appiccicato addosso agli ZZ Top, trattati dai puristi del genere (anche del rock) come dei Bon Jovi qualsiasi. Loro abbozzano, anche perché le vendite impongono di non fare gli schizzinosi, ma al di fuori del contesto puramente live diventano davvero un’altra cosa. Dalla quale hanno cercato (a fatica) di affrancarsi negli ultimi 25 anni. Nel 1996 infatti sfornano un disco difficile e irrisolto come Rhythmeen, l’ultimo con il loro storico produttore Bill Ham, che segna il ritorno al rock blues ma conferma una certa difficoltà compositiva, come se i tre si fossero nel frattempo arrugginiti. I brani sono tutti faticosi tranne uno: Vincent Price Blues, bello fin dal titolo (eccolo). Dopo XXX (1999), in parte live come Fandango!, gli ZZ Top azzeccano finalmente il primo disco in vent’anni, Mescalero (2003) prodotto dal solo Gibbons. Non è tutto oro, restano cedimenti all’autotune (sporadici eh) e all’aria messicaneggiante che tira in Texas e non dispiace al vecchio Billy, per contro ci sono canzoni eccellenti come Two Ways to Play o Buck Nekkid. Il oro miglior disco dai tempi d’oro è però l’ultimo in ordine di tempo, La Futura, coprodotto da sua maestà Rick Rubin: solido, roccioso, rollingstoniano (a proposito: gli ZZ Top sono fan di Keith Richards che ricambia e li introduce nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2004, qui l’induction). Che succede ora? Da tempo gli ZZ Top erano al lavoro a un nuovo disco. Hanno registrato alcuni brani durante il lockdown, e stando alle dichiarazioni di Gibbons Dusty Hill avrebbe fatto in tempo a registrarne due completi. Ancora non si sa se l’album vedrà mai la luce, di sicuro the show must go on, come era nelle volontà del mitico bassista.